L’atteso taglio del rating sovrano di Ankara è arrivato, insieme a previsioni fosche sull’evoluzione del panorama economico del Paese. E ha mandato di nuovo a picco la lira turca. A cinque giorni dal fallito golpe, mentre in Turchia va in scena l’epurazione di decine di migliaia di presunti oppositori del presidente ErdoganStandard &Poor’s ha ridotto il giudizio sul Paese a ‘BB’ da ‘BB+’, con outlook negativo. Intanto si attendono le decisioni di Moody’s, che ha messo sotto osservazione per un possibile downgrade 17 banche tra cui Yapi Kredi, controllata congiuntamente da Unicredit e Koc Holding.

Il comunicato di S&P spiega che il taglio è stato deciso perché “in seguito al tentato colpo di Stato” “riteniamo che la polarizzazione del panorama politico della Turchia abbia ulteriormente eroso i propri controlli istituzionali ed equilibri”. Secondo l’agenzia l’andamento del debito potrebbe peggiorare, con rischi su investimenti, crescita del Paese e pressioni sulla bilancia dei pagamenti. “Più a lungo continua la reazione del governo, maggiore è il rischio di uno stress per il mercato”, ha detto a Bloomberg William Jackson, economista senior specializzato in mercati emergenti di Capital Economics. “Nel lungo termine, il risultato sarà quasi certamente una crescita più debole perché le scelte politiche stanno diventando sempre più arbitrarie e imprevedibili, cosa che danneggerà gli investimenti”.

Di certo non aiuta il fatto che tra i dipendenti pubblici rimossi con il “contro-golpe” di Erdogan ci sono anche 1.600 dipendenti del ministero delle Finanze. Dopo il downgrade, la valuta turca ha toccato il nuovo minimo storico, scendendo fino a 3,0769 dollari contro il biglietto verde dal precedente minimo di 3,0750 del 15 settembre 2015. I rendimenti del bond a 10 anni sono aumentati del 9%. Come se non bastasse, martedì la Banca centrale turca ha tagliato i tassi di interesse per il quinto mese di fila.

Martedì l’agenzia Moody’s aveva messo sotto osservazione per un possibile downgrade sia il debito sovrano sia 17 banche turche. Nella lista figura anche Yapi Kredi, partecipata dell’istituto di Piazza Gae Aulenti. L’agenzia cita tra le motivazioni il potenziale indebolimento della capacità del governo di supportare le banche in caso di necessità e il rischio di un rallentamento dell’economia con possibili effetti sul costo della raccolta, la redditività e la qualità degli attivi.

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