Voleva risorgere, tornare alle cronache come finanziere invincibile. Riprendersi, ad ogni costo, il “tesoro” (in buona parte solo virtuale) di quel gruppo che portava le iniziali del padre ex autista dell’Atac e della madre casalinga, Magiste. Stefano Ricucci era pronto a tutto, anche a prendere contatti con gente come Massimo Nicoletti, 52 anni, figlio del più noto Enrico (in foto), il cassiere della Banda della Magliana. Gente pericolosa, raccontano le indagini, che cambiano volto quando qualcuno non rispetta i patti. Nicoletti figlio, in grado di nascondere e moltiplicare i soldi attraverso società immobiliari e concessionarie, era il “socio di fatto” di Mirko Coppola, l’imprenditore romano arrestato insieme a Ricucci dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Roma, accusato di aver aiutato l’immobiliarista ad accumulare fondi neri con fatture false.

Un nome che ha fatto drizzare le antenne ai magistrati romani e che potrebbe nascondere futuri sviluppi investigativi. Tutto parte nel 2014. La holding dei “furbetti del quartierino” è ormai finita, messa sotto scacco dal fallimento dichiarato nel 2007. Ricucci – secondo quanto ricostruito durante le indagini – vuole tentare il tutto per tutto: riprendersi una parte del tesoro gestito dal curatore fallimentare diventa la sua vera ossessione. Ha bisogno di liquidità per ripartire, per rimettere in moto quella macchina finanziaria che lo aveva reso noto quindici anni fa: “Per la realizzazione di tale operazione Ricucci si sarebbe rivolto a Massimo Nicoletti e Mirko Coppola”, scrive il Gip nell’ordinanza di custodia cautelare. Il figlio dell’ex cassiere della Magliana non è un personaggio qualsiasi. Insieme al fratello Antonio e al padre Enrico è stato già arrestato alcuni anni fa per associazione a delinquere finalizzata all’usura e lo scorso novembre la Corte di Cassazione aveva confermato buona parte delle condanne, dichiarando la prescrizione per i reati contestati commessi prima del 2000.

Secondo le indagini condotte una decina di anni fa dalla Procura di Roma, Nicoletti figlio aveva mantenuto stretti legami con l’ambiente criminale del padre. Mirko Coppola, annota il Gip di Roma, “potrebbe far ricorso ai rapporti, allo stato paventati, con la nota famiglia Nicoletti”. Non solo: lo stesso Coppola è un imprenditore “con spiccata capacità criminale intimidatoria”, con “condanne per minacce e porto di armi clandestine”. Secondo le indagini della Guardia di finanza di Roma sono questi due particolarissimi imprenditori romani ad aiutare, in un primo momento, Ricucci nell’operazione di recupero dei crediti della Magiste. Lo mettono in contatto con il commercialista milanese Filippo Bono, che dovrà portare a termine la triangolazione necessaria per nascondere il riacquisto dei 20 milioni di euro di presunti crediti Iva (contestati, però, dall’Agenzia delle Entrate).

Il ruolo di Coppola e del socio di fatto Nicoletti non terminava con il contatto giusto. A Ricucci servivano soldi cash da utilizzare nell’operazione, almeno un milione di euro pronto cassa. Secondo le indagini entra in gioco la società di Mirko Coppola che attraverso alcune false fatturazione permette a Ricucci di accumulare i fondi neri necessari. Ma qualcosa va storto. L’immobiliarista di Zagarolo alla fine esclude dal giro la coppia Coppola-Nicoletti, ritardando il pagamento della parte che aveva promesso. Coppola diventa duro, aggressivo: “Gli ho detto tutto quello che gli dovevo dire da due anni – racconta al telefono riferendosi a Ricucci – gli ho detto: ma tu ti sei dimenticato (…) tu hai ritirato fuori la testa dalla sabbia perché stavi in bianca, rovinato, ti sei scordato di quando non c’avevi manco i soldi per fare la spesa a casa?”. Certi contatti, nella città della banda della Magliana, si pagano cari.

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