Non ci sono prove (per il momento) che Mohamed Lahouaiej Bouhlel fosse un affiliato dello Stato Islamico. Se gli inquirenti chiedono cautela nel delineare il ritratto dell’attentatore della strage di Nizza del 14 luglio scorso, l’Isis e il governo francese non hanno dubbi: si tratta di “un soldato” che ha agito in nome di Allah. Quello che è certo è che la regione è tra le più sensibili al tema: da aprile 2014 sono stati segnalati oltre 200 casi di radicalizzazione islamica del dipartimento delle Alpi Marittime, uno dei numeri più alti di tutta la Francia, e da Nizza negli ultimi anni sarebbero partiti almeno 1000 foreign fighters. Nel cellulare di Bouhlel, dice Le Monde, sono stati trovati alcuni numeri di contatti che possono essere fatti risalire a contatti comuni con Omar Omsen (vero nome Omar Diaby), considerato uno dei principali reclutatori di jihadisti nizzardi in Siria dove è fuggito nel 2013 in forza ad Al Nusra, la branca di Al Qaida nel Paese. Altra cosa rispetto all’Isis, ma comunque tassello fondamentale di una galassia. Proprio secondo le ultime rivelazioni, l’attentatore ha fatto una telefonata prima della strage.

Mohamed, che per il padre “aveva seri problemi psichiatrici“, è arrivato a Nizza nel 2011. Si sa poco dei suoi rapporti con la comunità musulmana: i vicini dicono che non praticava e non andava mai alla moschea. Ma il contesto in cui si inserisce è molto delicato. I report del 2016 descrivono un territorio Segnalazioni radicalizzazione Franciadove decine sono i casi di persone tenute sotto osservazione. Si tratta di una delle aree con il numero più alto insieme ai dipartimenti del Nord, di Parigi, Saint-Denis, Hauts-de-Seine, Valle de Marne e Alta Garonna.

Il 28 gennaio scorso è stato Le Figaro a pubblicare una cartina con le segnalazioni in ogni dipartimento. Il documento parlava di 8250 persone in Francia che sono state indicate dal loro entourage o dalle autorità come sospette per “radicalismo, apologia del terrorismo o ostilità alle istituzioni”. Il numero a livello nazionale è raddoppiato in un anno: solo 4015 erano state segnalate a marzo del 2015. Nella cartina si nota inoltre la situazione del Sud-Est in generale e del dipartimento Alpi Marittime in particolare, dove i casi sono oltre 200. Il consiglio dipartimentale solo a febbraio scorso ha annunciato di essersi occupato di più di 120 casi di minorenni a rischio radicalizzazione. Proprio in questa zona i programmi per aiutare chi torna dalla Siria o si radicalizza sono i più avanzati per cercare di prevenire gli attentati.

L’area di Nizza non è nuova alle minacce di attacco terroristico. Questa è la patria, come racconta Le Monde, della cellula chiamata Cannes-Torcy, smantellata tra settembre 2012 e febbraio 2014, che già all’epoca aveva come obiettivo quello di colpire i grandi assembramenti di persone. Nel 2014 fu sventato un attentato tre giorni prima del Carnevale della città. In quell’occasione fu arrestato un uomo appena rientrato dalla Siria e nel suo appartamento furono ritrovati diversi esplosivi artigianali. Nelle intercettazioni un anonimo siriano diceva alla madre del presunto attentatore: “E’ stato mandato in Francia per una missione”. Ma non è il solo caso da ricordare. A sole tre settimane dalla strage al supermercato kosher di Parigi, il 3 febbraio del 2015 Moussa Coulibaly aggredì a coltellate tre militari francesi di guardia a un palazzo che ospita diverse istituzioni ebraiche.

Una delle figure chiave è quella di Omsen, vero nome Omar Diaby. Quarant’anni, di origine senegalese, ritenuto morto per lungo tempo, è riapparso in televisione il 30 maggio scorso per raccontare la sua vita di soldato di Allah. Autore di diversi video di propaganda Omsen, che si è autoproclamato imam radicale proprio a Nizza, è accusato di essere a capo di una cellula di 30 giovani jihadisti francesi attivi a Latakia e provenienti come lui dalla città sulla Costa Azzurra. Poco prima della sua partenza per la Siria aveva lavorato a Nizza in un chiosco halal, chiamato ‘Nusra’.

Il presunto reclutatore torna spesso nelle inchieste degli ultimi anni in Francia. Per gli inquirenti è stato lui ad affiliare Youssef E. uno dei quattro uomini arrestati il 16 marzo scorso perché sospettati di essere sul punto di innescare un attacco in Francia. E arrivava da Nizza la storia di due genitori che avevano visto partire i loro due figli verso la Siria convinti dalla propaganda jihadista. Anche loro finiti nelle spire del terrorismo convinti da Diaby. L’imam ha contattato France 2 nelle scorse settimane dopo aver saputo che stavano lavorando a un documentario e si è fatto intervistare in esclusiva. Nel video ha lanciato numerose provocazioni: “Se i francesi non vogliono la guerra, votino Marine Le Pen“. Ha poi raccontato di aver fatto credere di essere morto per sottoporsi ad un intervento chirurgico “in un Paese arabo”. In merito agli attentati del 13 novembre scorso a Parigi ha detto di “comprenderne le ragione” e l’ha definita una “rappresaglia ai raid francesi su donne e bambini”.

Mohamed Lahouaiej Bouhlel lo chiamano già soldato dell’Isis, ma è ancora presto per esprimersi. C’è un contesto che parla per lui, un insieme di elementi e di storie che si inseriscono tutti nello stesso territorio. Spetterà agli inquirenti ora decidere se si tratta di un lupo solitario o dell’ennesimo prodotto di un fenomeno che dagli attentati di Charlie Hebdo passando per il Bataclan sta travolgendo la Francia.

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