Un andazzo non certo edificante, che finora è costato all’Italia la bellezza di 183 milioni di euro di multe e sanzioni. Parecchi soldi. Che pure il nostro Paese avrebbe potuto risparmiare se solo avesse rispettato le regole. Evidentemente così non è stato tanto che oggi, nonostante un calo certificato, siamo ancora uno degli Stati membri dell’Unione europea con il maggior numero di procedure di infrazione aperte. Sono 82 in totale i casi che attualmente riguardano il Belpaese: 60 per violazione del diritto dell’Unione europea e i restanti 22 per mancato recepimento di direttive. Certo, va meglio se confrontiamo questo dato con quelli che fanno riferimento agli anni scorsi: a fine 2010, per esempio, i procedimenti aperti nei confronti dell’Italia erano 128, scesi a 99 nel 2012 fino a toccare gli 89 nel 2015 e, appunto, gli 82 nei primi sei mesi dell’anno in corso.

COME TE NESSUNO MAI – Ovviamente questo trend al ribasso non basta, considerando soprattutto il fatto che dal 1952 ad oggi, secondo i dati della Corte di giustizia europea elaborati dall’associazione Openpolis, l’Italia è il paese che più spesso è finito davanti alla corte con 642 ricorsi per inadempimenti. Nessuno ha fatto peggio visto che Francia e Grecia, che si piazzano subito dietro di noi staccando Germania e Spagna, si sono fermate rispettivamente a 416 e 400 ricorsi. In totale, quindi, dei 3.828 ricorsi arrivati alla Corte di giustizia europea negli ultimi 63 anni, il 16,77% ha riguardato l’Italia. Nel dettaglio, delle 82 infrazioni che attualmente coinvolgono il nostro Paese, il 18,29% è in materia ambientale mentre un 9,75% riguarda affari interni. Nei primi sei mesi del 2016 le infrazioni aperte sono state 14, tutte ancora nella fase della messa in mora e tutte (tranne due) per mancato recepimento di direttive Ue.

RISPONDERE PREGO – Al calo delle infrazioni fa però da contraltare l’aumento dei casi Eu Pilot nei confronti dell’Italia. Si tratta nello specifico di un sistema lanciato nel 2008 che rappresenta il meccanismo di risoluzione dei problemi di implementazione del diritto dell’Ue e di scambio di informazioni tra la Commissione e gli Stati membri, concepito per la fase antecedente all’apertura formale della procedura di infrazione. Se nel 2012 i casi che ci riguardavano da vicino erano 107, nel 2013 sono aumentati a 122 e nel 2014 hanno raggiunto quota 128. A fine 2015 il nostro risultava essere il Paese più coinvolto con 139 casi sui 1.348 totali (il 10,3%). Gli Stati membri della Ue hanno 70 giorni di tempo per rispondere ai reclami Eu Pilot: in media l’Italia risponde in 78. Solo tre paesi fanno peggio: Danimarca (81), Cipro (93) e Francia (95).

FUORI I SOLDI – Il mancato rispetto delle regole europee, come detto, ci costa parecchio, tanto che fino a questo momento l’Italia ha versato nelle casse di Bruxelles oltre 180 milioni di euro. Ad oggi invece stiamo pagando per quattro procedure d’infrazione. La prima risale al 2003 e riguarda la non corretta applicazione di tre direttive: una sui rifiuti, un’altra sui rifiuti pericolosi e un’altra ancora sulle discariche. In totale, negli anni l’Italia ha pagato solo per questo motivo 79,8 milioni di euro: l’infrazione più dispendiosa per il nostro Paese. Ma ad esserci costata particolarmente cara è stata anche la violazione relativa ai contratti di formazione lavoro. In questo caso è arrivata la condanna per gli aiuti di Stato alle imprese nel periodo compreso fra il 1995 e il 2001 per contratti di formazione lavoro ad alcune categorie di lavoratori che non ne avevano diritto in base alle regole comunitarie. Il conto? Anche stavolta molto salato: 53 milioni di euro. Le ultime due infrazioni sono quelle per il mancato recupero degli aiuti concessi a favore delle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia, 30 milioni, e per l’emergenza rifiuti in Campania, 20 milioni.

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