Musica

Piccola Orchestra di Tor Pignattara, ecco il nuovo “Under”: così 22 ragazzi romani, immigrati di seconda generazione, cantano l’integrazione

Con quattro anni di attività e tre album alle spalle, tanti concerti e riconoscimenti, la Piccola Orchestra di Tor Pignattara aggiunge un nuovo importante passo al suo percorso. Il 30 giugno è uscito “Under”, un nuovo inedito che spazza via a suon di rime rap qualsiasi ozioso discorso sullo ius soli

di Giuseppe Pagano

Tor Pignattara è l’emblema dell’Italia che cambia. Se c’è un luogo in cui l’essere italiani si rinnova sotto forma di culture, lingue e accenti musicali diversi è proprio quello della periferia capitolina. Qui l’amore per la musica ha portato 22 ragazzi romani, immigrati di seconda generazione e richiedenti asilo, a formare la Piccola Orchestra di Tor Pignattara.

Con quattro anni di attività e tre album alle spalle, tanti concerti e riconoscimenti, la Piccola Orchestra di Tor Pignattara aggiunge un nuovo importante passo al suo percorso. Il 30 giugno è uscito “Under”, un nuovo inedito che spazza via a suon di rime rap qualsiasi ozioso discorso sullo ius soli. Il pezzo, scritto in italiano e in inglese dai ragazzi stessi, smonta il vocabolario consunto della discriminazione razziale, partendo da quella che è la loro esperienza: quella di giovani italiani, magari originari di altri Paesi o figli di coppie miste, ancora percepiti come stranieri e spesso discriminati a causa del colore della pelle. Il singolo “Under” ha visto anche il supporto di Amir Issaa, una delle voci più autorevoli del rap italiano sul tema della seconda generazione, e si accompagna ad un video diretto da Matteo Montagna.

Ancora una volta c’è Pino Pecorelli, una delle anime fondatrici dell’Orchestra di Piazza Vittorio, alla direzione musicale di questa avventura multietnica che raduna giovanissimi musicisti provenienti da Italia, Egitto, Senegal, Eritrea, Nigeria, Cuba, Argentina, Perù, Bangladesh, Filippine. Secondo il maestro Pecorelli “Roma e i romani sono estremamente più aperti e disponibili di quanto poi sia i media che i politici ci raccontano. Ma è vero, allo stesso tempo, che il colore della pelle è vissuto spesso, anche dagli immigrati di seconda generazione, come un freno. I ragazzi – continua – vedono il discorso razzista come qualcosa di vecchio, superato, ridicolo, che merita di essere preso in giro. Il testo tenta di smontare il teorema del razzista che, semplicemente per il colore della pelle, giudica una persona che di fatto è nata e cresciuta qui”.

La Piccola Orchestra di Tor Pignattara, oltre che con l’hip-hop, si confronta soprattutto con la rielaborazione di brani del repertorio tradizionale etnico, mescolando chitarre elettriche, tablas indiane e darabouka. Il progetto, ideato da Domenico Coduto per “Musica e altre cose”, tiene impegnati i musicisti ogni settimana. Un’orchestra “in cammino” che porta luce anche ad un quartiere senz’altro pieno di contraddizioni come la periferia romana. “Tor Pignattara è un simbolo, il simbolo di una nuova forma di integrazione. Se vogliamo è un po’ lo stesso concetto che c’era dietro a Piazza Vittorio – ci racconta Pecorelli – Il contributo che può dare un progetto di questo tipo è quello di migliorare la condizione delle persone che ne fanno parte, e di conseguenza migliorare anche il luogo dove abitano. Si sentono protagonisti di questo progetto, lo vivono – come dicono loro – come ‘una gran figata’, e questo secondo me li aiuta poi a vivere meglio la loro quotidianità”.

Non mancano certo le difficoltà. “C’è tantissimo lavoro dietro” – rivela il maestro – Ne facciamo tanto perché le risorse di cui disponiamo sono poche. Arrivano dal privato che, per fortuna, ci sostiene. Non sono risorse che ci permettono di fare tutto quello che vorremmo: lavorare più a larga scala, coinvolgere più ragazzi, avere una progettazione più a lungo termine. Ci siamo dati, tuttavia, un obiettivo alto, cioè fare musica di qualità, chiaramente commisurata al loro livello di musicisti adolescenti. Poi la cosa a cui tengono di più i ragazzi è essere giudicati per quello che suonano. E questo, per me, è una grande conquista”.

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