L’ulteriore “ridimensionamento” della tratta nazionale della Torino-Lione, cioè del percorso che va da Torino a Susa annunciato dal ministro Graziano Delrio, conferma la debolezza della struttura del progetto e delle motivazioni che lo supportano. La mossa del ministro – abbassare i costi rivedendo il programma – continua a non far luce sulla sostenibilità finanziaria, ambientale e trasportistica dell’opera: rimane modesta la domanda passeggeri, molto labile quella delle merci dopo l’apertura del Gottardo.

Il progetto di revisione della tratta, che sarebbe stato approvato dall’Osservatorio tecnico diretto da Paolo Foietta, ammette indirettamente che i costi del tracciato del vecchio progetto erano sovradimensionati, come quelli di tutta la Tav italiana, visto che praticamente il costo km è stato triplo rispetto alle altre Tav europee. Se questa revisione permetterà di ridurre i costi della parte italiana da 4,3 a 1,7 miliardi quelli enormi della parte comune comunque resteranno (10,5 o 8,2 miliardi senza il tunnel di Orsiera).

Viene ora da chiedersi: perché questo “cambio” di progetto non vene inserito in una nuova strategia di tutta l’estensione del progetto Tav da Torino a Venezia visto che il 50% di questa tratta è ancora da realizzare? Un approccio complessivo ci farebbe scoprire che non è semplicissimo spostare i treni merci sulla rete dell’alta velocità. Servirebbe una nuova flotta di carri merci e di locomotive bifase e che avrebbe enormi costi di manutenzione della rete. Sarebbe anche un po’ ridicolo che il Paese comunitario che ha la quota più bassa di trasporto merci su ferro, solo il 7%, riparta (e piacciono molto al presidente del consiglio Renzi le ripartenze) proprio con l’Alta Velocità mentre gli altri Paesi che raggiungono quote doppie o triple della nostra non ci pensano neppure. Non ci pensano perché hanno minori reti AV da saturare ed una capacità gestionale superiore a quella di FS cargo e delle poche compagnie ferroviarie private.

Non hanno la Milano-Torino vuota e stanno comunque rivedendo tutti i programmi di alta velocità come dovrebbe fare l’Italia su tutta l’asta Torino-Milano-Venezia con dei potenziamenti funzionali e con quadruplicamenti delle reti anziché riproporre l’Alta Velocità come tradizionalmente concepita.

E’ su questo terreno che il nuovo sindaco di Torino, Chiara Appendino, dovrebbe sviluppare una penetrante azione visto il peso politico (e di mercato passeggeri e merci) della città. Città che è interessata più ai disagiati e costosi collegamenti intercity con Vercelli, Novara, Milano, Brescia, Verona, Vicenza e Venezia piuttosto che ad intercettare, secondo i dati dei proponenti, il 3,1% della domanda passeggeri aerea Torino-Parigi o il 3,4% di quella automobilistica. Alle incognite del rilancio del trasporto merci ferroviario del nodo di Torino senza la galleria, che sarebbe la parte preponderante dei risparmi del nuovo progetto, sarebbero da anteporre quelle della gestione obsoleta, inefficiente e costosa delle FS.

E’ questo il problema che si vuole aggirare proponendo nuove infrastrutture, mentre le gravi carenze gestionali delle FS spingono i trasportatori e le imprese ad orientarsi esclusivamente al Tir perché meno costoso e più affidabile ma anche, purtroppo, più inquinante.

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