Poche persone sembrano averlo compreso ma il referendum di ottobre è destinato ad essere la scadenza elettorale più importante almeno degli ultimi cinquant’anni: non si decide chi governerà nei prossimi cinque anni il Paese o qualche città, scelte sempre importanti ma modificabili in un arco di tempo tutto sommato non lunghissimo. In ottobre decideremo la qualità della nostra vita democratica che accompagnerà noi e le future generazione nei prossimi decenni; per essere ancora più espliciti e più realisti, decideremo se potremo ancora usare la parola democrazia per descrivere lo Stato nel quale vivremo.

Il combinato disposto tra l’Italicum, nella sua attuale versione, e la riforma costituzionale elaborata da Renzi e approvata dal Parlamento, mette in discussione non solo scelte che affondano le loro radici nella lotta di Liberazione del nostro Paese, ma i presupposti stessi sui quali si è formata l’idea di Stato democratico nel mondo occidentale.

Infatti il premio di maggioranza attribuito dall’Italicum al partito vincitore del ballottaggio, indipendentemente dal risultato raggiunto nel primo turno, sommato alle modalità di formazione del nuovo Senato, previste dalla controriforma costituzionale (che garantiscono un’ulteriore sovrarappresentazione del partito maggiore rispetto ai risultati ottenuti nelle varie regioni) rendono, tra l’altro, fortemente probabile la possibilità che il partito al governo possa eleggere da solo il Presidente della Repubblica e possa fortemente aumentare il proprio peso nell’elezione dei membri laici del Csm. Ne consegue che in tal modo verrebbero drasticamente posti in discussione sia il bilanciamento tra le varie istituzioni dello Stato, sia l’indipendenza della magistratura dal potere politico.

Se a questo si aggiunge il forte prevalere del potere esecutivo sul potere legislativo, che già si verifica quotidianamente attraverso il moltiplicarsi dei decreti e attraverso la modifica dei regolamenti d’aula e della loro concreta interpretazione, ne consegue che ad essere posto in discussione è lo stesso principio della separazione dei poteri, elemento costitutivo di qualunque Paese democratico dalla Rivoluzione francese in poi. Quanto all’indipendenza del “quarto potere“, l’informazione, questa da noi è ormai da tempo una chimera (salvo poche e coraggiose eccezioni).

Non va inoltre dimenticato che con l’Italicum, cade anche il principio cardine di una testa=un voto. I voti, infatti, con il sistema maggioritario a doppio turno, non avrebbero tutti lo stesso peso, anzi potrebbe anche capitare che il voto attribuito al partito che risulterà vittorioso arrivi a contare, nell’elezione dei parlamentari, addirittura il doppio, se non il triplo, del voto dato ad un’altra lista. L’intreccio tra l’Italicum e la controriforma costituzionale rappresenta quindi un disegno unitario perseguito da Renzi per concentrare l’insieme del potere/dei poteri nelle mani di un solo partito, che, con i capilista bloccati nei vari collegi, significa concretamente la concentrazione di un enorme potere nelle mani di un uomo solo, il leader del partito di maggioranza.

Tutto ciò è ancor più scandaloso se si pensa che la controriforma costituzionale è stata realizzata attraverso un colpo di mano della sola maggioranza senza ricercare alcun confronto con le opposizioni parlamentari, come dovrebbe essere ovvio in materia di modifiche costituzionali.

E’ anche bene precisare che tutto quanto sta avvenendo nulla ha a che vedere con la lotta ai privilegi dei politici, né con la riduzione dei costi della politica: obiettivi sacrosanti ma che possono essere raggiunti con ben altre soluzioni e che vengono invece strumentalizzati dall’attuale esecutivo per altri, inconfessabili, obiettivi politici.

Alla luce di tutto ciò è di inaudità gravità il sostegno fornito a questo abberrante disegno dalla minoranza Pd, la preoccupazione di salvare il posto e di non dispiacere al capo non può portare a sacrificare principi fondanti della democrazia. Quelli che vengono definiti i lacciuoli dai quali sarebbe necessario liberarsi altro non sono che contrappesi per evitare di scivolare nuovamente in un sistema autoritario; contrappesi costruiti non a caso da chi aveva sperimentato sulla propria pelle la dittatura e aveva studiato a fondo i meccanismi attraverso i quali un partito si era impadronito di tutte le istituzioni del Paese. Oggi perché questo avvenga non è necessario un colpo di Stato coi militari per strada.

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