I campionati Europei di calcio offrono lo spunto per verificare la relazione fra il calcio e la Tv. Il calcio e la televisione sono sempre stati un binomio vincente, entrambi hanno tratto vantaggi consistenti dal loro rapporto. Il calcio garantisce alla televisione gli ascolti più elevati, non a caso gli investimenti maggiori della pay si basano sull’esclusiva dei principali tornei di calcio: per Raiuno, le partite della Nazionale, sommate alle cinque serate di Sanremo, ad alcune fiction di successo, come Montalbano e Don Matteo, garantiscono un’annata di successo.

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Il sistema-calcio, per altro verso, si sostiene finanziariamente grazie alla Tv, che ha garantito alle squadre di serie A, nell’ultima stagione, 1.032Mio (contro i 987 dell’anno precedente), il 47% del totale dei ricavi, contro il 41% della media dei principali paesi europei. Gli altri ricavi ristagnano. Gli spettatori negli stadi diminuiscono, coprono solo il 55% della capienza degli stadi (contro il 59% di cinque anni fa), il merchandising non decolla, le plusvalenze (cioè il divario positivo fra il costo d’acquisto dei calciatori, meno le quote di ammortamento e il prezzo di vendita) sono spesso aleatorie e tendono, se usate per fare cassa, a depotenziare il valore sportivo delle squadre (l’eccesso dell’uso di questa “furbizia contabile”, determinò il decreto Salva-calcio, legge n. 27/2003, un aiuto dello Stato alle società calcistiche prossime alla bancarotta). I contributi degli azionisti sono ridotti al lumicino (solo l’1%), al punto da dubitare sulle reali volontà delle proprietà di valorizzare le proprie squadre. La speranza di molti tifosi è che arrivi qualche “nababbo” dalla Cina o dai paesi arabi. Non a caso il sistema-calcio professionistico registra una perdita cumulata di 536Mio, mentre la forbice fra i costi e i ricavi si sta dilatando, nell’ultimo quinquennio, i costi (il 49% è il costo del lavoro) sono cresciuti in media annua del 3%, e i ricavi di+1%.conto-tv

È il calcio quindi a dipendere prevalentemente dalla televisione. C’è qualche segnale che indica che possa esserci un’inversione di rotta.

La Champions, per esempio, ha confermato che la quota aggiuntiva di abbonati non è stata sufficiente a compensare i costi dei diritti. La crisi di Mediaset Premium, causata proprio dalle perdite sulla Champions, è sfociata nella cessione al gruppo francese Vivendi. Gli Europei hanno confermato, visto il successo conseguito da Sky, che il calcio sia il genere preferito dalla pay. Le ultime stagioni segnalano però che il calcio, nelle poche partite trasmesse ancora in chiaro, non raggiunge, pur mantenendo sempre alti livelli, le vette di ascolto degli anni passati. Non è da sottovalutare che la pay abbia come “svuotato” il fascino del calcio per la maggioranza dei non abbonati.

Considerando che la televisione ha anch’essa grandi difficoltà economiche, perdura la crisi della pubblicità, non ci sarebbe da meravigliarsi se la Tv, la pay e la generalista possano cercare di limitare le risorse destinate al sistema-calcio, cosicché la quota del 47% dei ricavi televisivi potrebbe ridursi e avvicinarsi alla media europea. S’innesterebbe, ove si realizzasse questa ipotesi, una pesante crisi del sistema-calcio; dovrà intervenire in soccorso ancora lo Stato?

La soluzione dei problemi del calcio non è solo rappresentata, come alcuni sostengono, dal fatto che gli stadi, realizzati magari con gli aiuti delle amministrazioni locali, diventino di proprietà delle società calcistiche. Bisognerà invece lavorare molto sul contenimento dei costi, a cominciare dai compensi ai protagonisti del pallone. Soprattutto bisognerebbe ridare vitalità al sistema, rendendo più competitivo il Campionato, agevolando che i tifosi e gli sportivi ritornino negli stadi, sviluppando i vivai, rafforzando il brand delle squadre per favorire il merchandising, valorizzando le serie minori e la cultura sportiva.

Intanto una società cinese, la Suning, ha acquistato l’Inter (stessa sorte accadrà al Milan): vedremo se il business si concilierà con la passione sportiva!

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