Le cifre sono sbalorditive. Ma questo si sapeva fin da quando l’ipotesi di stendere una passerella (come impunemente la si chiama adesso) o ponte (come impropriamente la chiama qualcuno, compresi i telegiornali locali) venne paventata come ipotesi reale. Insomma, il molo o pontile galleggiante di Christo (o meglio pontili, plurale, traduzione corretta dall’inglese Floating Piers) che svirgola geometricamente di giallo l’ex oscuro e sconosciuto lago d’Iseo, ormai diventato una star galattica. Anche se una star a tempo. Si dice sia stato quasi raggiunto il milione di camminanti sulle acque e non si sa dove si potrà arrivare di qui al 3 luglio. Giorno di chiusura e smantellamento dell’opera. Per il sollievo di chi ci lavora. Mica quelli che sull’evento speculano vendendo a prezzi esagerati stanze, panini o giri in elicottero (una sola società, stranamente, ha avuto il permesso dall’Enac di sorvolare la zona, così ci porta i turisti a pagamento), ma chi guadagna solo il suo stipendio. Vigili urbani e del fuoco, poliziotti, finanzieri, carabinieri, militari della Marina e dell’Aviazione. O nemmeno quello, come i volontari. Sono centinaia e centinaia, a tener testa a un’orda di “passerellisti” a tutti i costi, disposti a tutto. Sono lì dal fatidico 18 giugno, per 24 ore al giorno, a tentare di far reggere al piccolo lago l’impatto epocale di questa estate tanto affollata e folle.

Funziona così. L’opera è stata blindata come il palazzo di un G8. Non ci si può arrivare autonomamente, né a piedi né con qualsiasi altro mezzo, biciclette, monopattini, schettini, veicoli a idrogeno che siano. Questioni di sicurezza. Al molo si accede dall’imbarcadero di un paesino, Sulzano, che nella sua vita ha visto al massimo qualche decina di persone in fila per il traghetto che porta a un’isola bellissima, Monte Isola, che sta proprio in mezzo al lago. A complicare le cose, la strada che porta lì da Iseo, il capoluogo del lago, a un certo punto si fa stretta, compressa dalle case, e non c’è neppure uno straccio di marciapiede. O quasi. Far passare migliaia di persone in una strettoia senza marciapiede? Non se ne parla neanche. E allora, chiuso il pontile dentro zone gialle, blu e rosse, sono stati istituiti parcheggi nei paesi vicini (15 euro al giorno) e messe in pista navette che portano all’ingresso della passerella-ponte-molo.

Quindi la trafila è la seguente. Il primo step è avvicinarsi all’opera di Christo. In senso fisico, naturalmente. Con il treno della Valcamonica di Trenord, che parte da Brescia e termina a Edolo. Certo si può, ma a meno di riempire le carrozze come si usa in certe tratte in India, cioè a grappolo anche sul tetto, qualche problema nello smaltire le richieste bisogna metterlo in conto. Alternativa, l’auto. Si cerca di arrivare in zona, naturalmente di primo mattino. Ci si infila in un parcheggio con il cartello “Christo” (e più ci si avvicina alla “zona rossa” più i parcheggi sono pieni; per andare a colpo sicuro si può utilizzare l’apposita app) e si aspetta – in coda – la navetta. Che primo o poi arriva. La navetta porta all’imbarco, dove sono in attesa migliaia di “passerellisti”. Una fila lunga qualche curva, o meglio due file: una che scende dalla ferrovia, un’altra in direzione di Iseo. E si aspetta. Questa è l’ultima coda. Inevitabile. Per evitare almeno le altre un modo c’è: la bicicletta. La magnifica soluzione si chiama Antica Strada Valeriana, che da Pilzone, frazione di Iseo, porta a Pisogne (questo è solo il tracciato recuperato dalla Comunità Montana del Sebino Bresciano, ma la storica Via è molto più lunga e va da Fantecolo all’Aprica). Vaga a mezza costa sul fianco delle basse montagne orientali, a picco sulle acque. Insomma, la passerella si vive a volo d’uccello, invece di camminarci sopra. Quindi il “trucco” è caricare la bici in auto, arrivare a una distanza alla portata delle vostre gambe, trovare un parcheggio non consacrato a Christo e mettersi in sella. Può essere Brescia, che dista poco più di venti chilometri, oppure può essere uno dei paesi più a ridosso del lago. Ma in quelli a rischio i sindaci hanno dovuto far stampare migliaia di cartelli in cui si vieta il parcheggio nei giorni dell’evento. Residenti esclusi. Ma non hanno certamente potuto blindare tutta la provincia. Così un “buco” si trova. Magari vicino a una trattoria nella campagna della Franciacorta, fra i vigneti del celebre spumante. Così, quando si torna, cena tradizionale e rientro. Provaglio, Calino, Paratico, Sarnico, Capriolo: sono tutti in un raggio di 10-20 chilometri. Via in bicicletta, poi, fino a Iseo. Il primo blocco è qui, all’uscita della tangenziale. È un blocco pro-forma, se non si è in un plotone da giro d’Italia si passa. Attenzione però al viavai delle navette, che sono grossi pullman. Un po’ più in là il secondo stop. Ti fanno passare anche qui perché «tanto laggiù non si passa». E infatti “laggiù” è “zona rossa” e non si passa davvero. E allora, Valeriana. Qualcuno in realtà si infila lo stesso: non sfonda la “zona rossa”, ma ci scivola dentro. Soprattutto a piedi. Lunghe file di irriducibili che vogliono raggiungere l’imbarcadero di Sulzano a piedi. Senza aspettare la navetta. «Fermare tutti è praticamente impossibile», lamentano i responsabili dei servizi d’ordine; «la gente dovrebbe rendersi conto da sé del pericolo: a noi preme la sicurezza di chi viene qui». Bene.

Quindi la Valeriana è l’alternativa sicura. È una bellissima pista, larga quanto basta per consentire che ci passino un po’ di pedoni e le bici. Molta gente a piedi, bici poche. Perché è un po’ in salita, un po’ sconnessa, ci vuole un minimo di gambe ed è meglio una mountain bike. Ma vanno bene anche le altre, comprese quelle da corsa. Il panorama è superbo, in un certo senso più bello che dal pontile. Come i fiordi norvegesi, spettacolari dalla strada che li costeggia dall’alto più che dal postale che ci naviga “dentro”. In totale la via è lunga 25 chilometri, con un dislivello di circa 1.300 metri. Scorci stupendi e un’atmosfera da strada di pellegrinaggio. Raggiunge le “piramidi” e il passo Croce di Zone, e infine Pisogne, il comune più nordico del lago. Ma ci si ferma prima. Cinque chilometri dopo averla imboccata si è già all’altezza dell’imbarcadero. Basta scendere a quota lago, legare la bici con due catenacci e mettersi in coda, fluttuare sul Floating Piers e poi rifare la strada al contrario. Oppure pensare che in fondo l’opera di Christo ce la siamo goduta meglio volandoci sopra, fra il giallo e l’azzurro.

 

Da non dimenticare: cappello, crema solare e acqua

Per informazioni sull’Antica Strada Valeriana: www.iseolake.info/images/info/perilturista/cartine/Anticastradavaleriana.pdf

Per informazioni sull’intera Via Valeriana (con tutte le tappe): www.cai.bs.it/vedit/pagina.asp?pagina=1676

Articolo Precedente

Viaggio in Oman: cosa fare nella “Svizzera della penisola arabica”, dove mare, montagne e deserto sono a portata di mano

next