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Da Frank Matano a Noemi Capponi, candid camera e proteste animaliste: quando il corpo è perfoming art pubblica

In principio fu Nanni Loy. Quel cornetto “pucciato” nel cappuccino del vicino di bancone. Il regista cagliaritano la chiamava la “zuppetta” ed era lo sketch finale del programma “Specchio Segreto”. Antesignana nascosta della Performance Art. Altro che capezzoli da titillare. Il suo “Mirror Box” scatola dei desideri guardoni e tocconi, che ha paralizzato Trafalgar Square ben più dei risultati del Brexit, è un giochino concettuale da voyeur che ricorda più il porno online che l’iperuranica Marina Abramovic

di Davide Turrini

In principio fu Nanni Loy. Quel cornetto “pucciato” nel cappuccino del vicino di bancone. Il regista cagliaritano la chiamava la “zuppetta” ed era lo sketch finale del programma “Specchio Segreto” in onda sulla Rai. Telecamera nascosta dietro alle vetrate del bancone di un bar nel centro di Bologna. A vederlo oggi si ride ancora di gusto, anche perché i bolognesi che “subivano” la traiettoria della brioche di Nanni Loy dentro al loro caffè o tè erano quasi più divertiti di chi poi li avrebbe guardati alla tv. Era la cosiddetta candid camera, che negli Usa era sbocciata nei primi anni cinquanta: principio intrusivo, pubblico, elementare, nella vita altrui, in strada, sul marciapiede, in un locale, dentro a un negozio. Antesignana nascosta della Performance Art.

Altro che capezzoli da titillare. Il suo “Mirror Box” scatola dei desideri guardoni e tocconi, che ha paralizzato Trafalgar Square ben più dei risultati del Brexit, è un giochino concettuale da voyeur che ricorda più il porno online che l’iperuranica Marina Abramovic. Non si sa se quelle mani dei passanti, invitati a infilarle dentro la scatola magica per sfregare i genitali dell’artista, abbiano mai sfiorato realmente vagina e seni della bella perfomer. Sta di fatto che la ragazza è stata arrestata e ha preso non si sa bene quante centinaia di sterline di multa. Solo che uno dei suoi tanti video, perché Milo ha riproposto in modo identico la sua performance tattile in decine di città europee, che ha raccolto milioni di visualizzazioni può essere paragonato a livello di senso soltanto a nequizie serva/padrone modello “public disgrace” dove pornostar alle prime armi vengono umiliate in pubblico nude in mezzo alla strada, talvolta perfino a fare sesso dietro all’albero di un parco, fino all’orgia finale spesso in locali pieni di gente parecchio attiva.

Ma c’è dell’altro. E si chiama liberazione del corpo attraverso la sua sovraesposizione. Ciò che abbiamo di più caro, che curiamo in ogni singolo angolo e lembo di pelle, una come la Abramovic lo martorizza tagliuzzandolo, facendosi frustrare, portandolo a subire condizioni di massimo calore o gelo. Provocazione culturale che devia nel politico quando si tratta, ad esempio, di proteste animaliste. Ne citiamo due: l’attivista Alice Newstead che nel 2008 per protestare contro la caccia agli squali si è fatta appendere a dei tremendi ganci conficcati sulla schiena per quindici minuti e Noemi Capponi, attivista di Occupy Green Hill, che si è volontariamente sottoposta ad una serie di test comunemente effettuati su animali per la realizzazione di cosmetici.

Ancora corpi, nudi, segnati, feriti, sovraesposti: in pubblico. Per una trasposizione sensoriale e tattile mostrata in vetrina, tra la gente, ai passanti in strada, quasi che le torture inflitte agli animali fossero definitivamente emerse alla luce del sole. E se si parla di corpi nudi non si possono dimenticare le Pussy Riot, il collettivo femminista punk russo prima incappucciato e vestito con colori sgargianti, poi in reggiseno, infine a petto nudo a funestare piazze, chiese e cortei, con un obiettivo sensibile: la Chiesa Ortodossa russa e Vladimir Putin. Non importa ora ripercorrere le loro lotte, traversie e screzi interni, diaspore e riunioni. Ciò che conta è che ancora una volta siamo di fronte ad un fenomeno artistico che moltiplica spaventosamente seguito tra tv, web e social grazie alla riproposizione continua di un corpo che funge questa volta da liberazione culturale, da gesto anticonformista, quando la norma è realmente liberticida e non c’è nessun occidente da fustigare simbolicamente.

In Italia alla fine che resta? Beh, Frank Matano. Lo youtuber che grazie ai filmati delle sue scorregge emesse tra la gente nel parco, in strada, di fianco ai bambini ha raccolto milioni di like (per questo siamo a 13milioni e rotti). Variante dei suoi scherzi telefonici che l’hanno lanciato, ecco Frank emettere squassanti peti (finti) in mezzo alle coppie che passeggiano, sulla panchina assieme ad un gruppo di anziani, ecc… E’ il ritorno al punto di partenza, a quella candid camera con la brioche “tocciata” nel cappuccino. Matano spiazza, alla stregua di un surrealista, sfotte, pretende la reazione alla sorpresa, cerca una risposta nella vana e silenziosa abitudine dell’inazione sociale. La videocamera è di nuovo nascosta. Un peto solleverà il mondo, e non fa finire nessuno in galera. Al massimo ci si tappa il naso.

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