Qualche anno fa si rivolse a me una giovane diplomata di Roma e mi chiese di aiutarla perché voleva realizzare un sogno. Essere ammessa all’Istituto europeo design (Ied) di Roma attraverso l’ottenimento di una borsa di studio assegnata su concorso. Nacque l’idea di portare i temi della disabilità dentro il design. La disabilità dentro un luogo dove si incontrano belle modelle (molto raramente in sedia a rotelle), ma dove mai nessuno aveva osato parlare di ausili, posture, deformità. “Parolacce” sconosciute in quei luoghi dove sembrano poter avere accesso solo bellezza e perfezione.

Questa giovane aveva coraggio da vendere. Non voleva solo vincere, ma anche comunicare qualcosa di grande, di importante, di concreto.

Era estate e il tema delle varie sedie per permettere ai disabili di fare il bagno era contingente. Quelle esistenti? Costose, non sempre adatte, spesso bruttine.

Da qui, l’invenzione di una “comoda” (sedia a rotelle non posturata) e poi il progetto: riutilizzare una sedia modificandola attraverso il riuso e renderla piacevole, unica a seconda del singolo gusto, completa di una serie di optional a costo da grandi magazzini; mettere all’interno del progetto anche una parte riguardante l’emarginazione nel mondo del lavoro occupando , quindi, artigiani non più giovanissimi, disoccupati in situazione di maggiore disagio.

Un lavoro enorme che l’ha portata a girare, studiare, provare, sbagliare e ricambiare. Mai un tentennamento. Anzi, la vedevo ogni giorno più interessata. La sua motivazione cresceva, gli ostacoli diventavano occasioni in più per approfondire il tema. Affrontando tutto questo a testa alta, è arrivata prima. Durante il lavoro l’obiettivo era alto. La partecipazione al concorso è stata la naturale conseguenza.

Dalla presentazione, alla spiegazione, fino alla relazione giunse al primo posto in accademia. Afferrò la sua borsa di studio, abbassò la testa e cambiò vita. Una ragazza giovane piena di sogni, di altruismo e di ambizione che ha saputo guadagnarsi la sua strada dando una mano a chi quasi sempre resta fuori, aiutata a sua volta da questi ultimi a gridare un messaggio quasi trasgressivo ai nostri tempi fintamente moderni.

Un grido di sacrificio, scandito da tante paure, da tante domande . Ma il 23 giugno lei ha sostenuto la sua tesi di laurea ottenendo il suo 110 e il suo biglietto per volare sopra ai suoi sogni. Ed io voglio dedicarle questo biglietto di auguri, felice di aver fatto parte di questo sogno. Orgogliosa di aver assistito a un esempio di inclusione reale.

Auguri dottoressa Sharon Bernardi

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