“Meglio convivere che fare un matrimonio riparatore”. È la posizione di Papa Francesco, assolutamente inedita per la Chiesa cattolica che ha sempre visto la convivenza come un peccato mortale da condannare senza misura. Bergoglio, rispondendo a braccio a tre domande rivoltegli da alcuni partecipanti al convegno della diocesi di Roma, ha raccontato che quando era arcivescovo di Buenos Aires “ho proibito di fare matrimoni religiosi nei casi che noi chiamiamo ‘matrimonios de apuro‘, matrimoni ‘di fretta’, riparatori, quando è in arrivo il bambino. Adesso – ha aggiunto il Papa – stanno cambiando le cose, ma c’è questo: socialmente deve essere tutto in regola, arriva il bambino, facciamo il matrimonio. Io ho proibito di farlo, perché non sono liberi. Forse si amano. E ho visto dei casi belli, in cui poi, dopo due-tre anni, si sono sposati, e li ho visti entrare in chiesa papà, mamma e bambino per mano. Ma sapevano bene quello che facevano”.

Francesco ha sottolineato che la crisi del matrimonio oggi “è molto legata al fatto sociale“. “Ho chiamato, qui in Italia, l’anno scorso, – ha raccontato Bergoglio – un ragazzo che avevo conosciuto tempo fa a Ciampino, e si sposava. L’ho chiamato e gli ho detto: ‘Mi ha detto tua mamma che ti sposerai il prossimo mese. Dove lo farai?’. ‘Ma non sappiamo, perché stiamo cercando la chiesa che sia adatta al vestito della mia ragazza. E poi dobbiamo fare tante cose: le bomboniere, e poi cercare un ristorante che non sia lontano’. Queste sono le preoccupazioni! Un fatto sociale. Come cambiare questo? Non lo so”.

Per il Papa, infatti, “la crisi del matrimonio è perché non si sa cosa è il sacramento, la bellezza del sacramento: non si sa che è indissolubile, non si sa che è per tutta la vita. È difficile. Un’altra mia esperienza a Buenos Aires: i parroci, quando facevano i corsi di preparazione, c’erano sempre 12-13 coppie, non di più, non arrivare a 30 persone. La prima domanda che facevano: ‘Quanti di voi siete conviventi?’. La maggioranza alzava la mano. Preferiscono convivere, e questa è una sfida, chiede lavoro. Non dire subito: ‘Perché non ti sposi in chiesa?’. No. Accompagnarli: aspettare e far maturare. E fare maturare la fedeltà. Nella campagna argentina, nella zona del Nordest, – ha raccontato ancora Bergoglio – c’è una superstizione: che i fidanzati hanno il figlio, convivono. In campagna succede questo. Poi, quando il figlio deve andare a scuola, fanno il matrimonio civile. E poi, da nonni, fanno il matrimonio religioso. È una superstizione, perché dicono che farlo subito religioso spaventa il marito. Dobbiamo lottare anche contro queste superstizioni. Eppure davvero dico che ho visto tanta fedeltà in queste convivenze, tanta fedeltà; e sono sicuro che questo è un matrimonio vero, hanno la grazia del matrimonio, proprio per la fedeltà che hanno. Ma ci sono superstizioni locali. È la pastorale più difficile, quella del matrimonio”.

Per Bergoglio la colpa di tutto ciò è dettata dal fatto che “noi viviamo anche una cultura del provvisorio. Un vescovo, ho sentito dire, alcuni mesi fa, che gli si è presentato un ragazzo che aveva finito gli studi universitari, un bravo giovane, e gli ha detto: ‘Io voglio diventare sacerdote, ma per dieci anni’. È la cultura del provvisorio. E questo succede dappertutto, anche nella vita sacerdotale, nella vita religiosa. Il provvisorio. E per questo una parte dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli, perché loro, gli sposi, dicono: ‘Sì, per tutta la vita’, ma non sanno quello che dicono, perché hanno un’altra cultura. Lo dicono, e hanno la buona volontà, ma non hanno la consapevolezza. Una signora, una volta, a Buenos Aires, mi ha rimproverato: ‘Voi preti siete furbi, perché per diventare preti studiate otto anni, e poi, se le cose non vanno e il prete trova una ragazza che gli piace, alla fine gli date il permesso di sposarsi e fare una famiglia. E a noi laici, che dobbiamo fare il sacramento per tutta la vita e indissolubile, ci fanno fare quattro conferenze, e questo per tutta la vita’. Per me, – ha concluso Francesco – uno dei problemi, è questo: la preparazione al matrimonio”.

Nella sua esortazione apostolica sulla famiglia, Amoris laetitia, il Papa ha sottolineato che “la scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della semplice convivenza, molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti“. Bergoglio ha evidenziato che “è in continua crescita il numero di coloro che, dopo aver vissuto insieme per lungo tempo, chiedono la celebrazione del matrimonio in chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso)”. Per Francesco “tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo”.

C’è anche un piccolo giallo legato al discorso pronunciato a braccio dal Papa al convegno della diocesi di Roma. Nella risposta sulla cultura del provvisorio, Bergoglio ha affermato che “una grande maggioranza dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli”, mentre il testo pubblicato dalla Sala Stampa della Santa Sede riporta la frase: “Una parte dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli”. Perché questo cambiamento? È una manipolazione del pensiero di Francesco? “La risposta – ha affermato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – è che, quando il Papa parla a braccio spontaneamente, il testo trascritto è sempre oggetto di una revisione da parte di chi è responsabile per la cura dei testi del Papa, per rivederne la lingua o eventuali inesattezze o punti particolari che sia giusto precisare. Quando si toccano argomenti di un certo rilievo il testo rivisto viene sempre sottomesso al Papa stesso. Questo è ciò che è avvenuto in questo caso, quindi il testo pubblicato è stato approvato espressamente dal Papa“. A essere precisi c’è anche un passaggio del discorso di Bergoglio che è stato, invece, omesso dalla trascrizione ufficiale. Francesco ha raccontato di un suo compagno di corso all’università che contestò una domanda molto teorica a un esame sulla confessione dicendo: “Questo sta nei libri, non nella realtà”. “Ma per queste cose – ha commentato il Papa – per favore non andate ad accusarmi dal cardinale Mueller“. Nella trascrizione ufficiale, però, il riferimento al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede è sparito.

Twitter: @FrancescoGrana

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