Settecento. Anzi, 685 per la precisione. Un numero impietoso che tira in ballo l’efficienza dell’esecutivo. Sono i decreti attuativi del governo che ancora mancano all’appello. Duecento attendono di essere varati dall’epoca di Mario Monti ed Enrico Letta. Ma ben 500 sono quelli che invece occorrerebbero per rendere pienamente operative le riforme messe in campo, e già date per acquisite, dall’esecutivo di Matteo Renzi.

ASPETTA E SPERA Come per le tanto attese e strombazzate Unioni civili. Da poche settimane diventate legge. Solo che per renderle pienamente operanti occorrerà un decreto del presidente del Consiglio sulla tenuta dei registri su cui sta ancora lavorando il ministero dell’Interno guidato da Angelino Alfano. Quanto ci sarà da attendere? Difficile dirlo con precisione: diciamo qualche mese, ad essere ottimisti. O come, altro caso illuminante, il nuovo codice degli appalti. In questo caso per vederne dispiegare gli effetti c’è da stringere le dita e augurarsi che il lavoro del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio porti a termine il suo compito celermente dopo che ha già anticipato come i necessari decreti attuativi saranno pronti solo alla fine dell’estate. Nel frattempo, all’Anac il compito di stilare le linee guida e l’altro, non meno gravoso, di rispondere alla valanga di richieste di chiarimenti su come attenersi durante il periodo transitorio, prima della piena operatività della nuova normativa.

CARTA STRACCIA E sono solo due esempi di leggi recentissime che necessitano ancora delle misure di dettaglio per poter dire di vederne assicurati gli effetti. Perché anche se si volge lo sguardo a provvedimenti più datati, la situazione non cambia. Nonostante lo scandalo, le polemiche e le misure assunte sull’onda dell’emergenza, mancano per esempio ancora all’appello le regole di ingaggio per risarcire i risparmiatori vittime di Banca Etruria e degli altri tre istituti di credito che avevano rifilato ai propri correntisti obbligazioni ad alto rischio. In particolare, manca un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri (dpcm) per l’assegnazione della procedura arbitrale sempre all’Anac di Cantone. Così come manco un decreto ministeriale per disciplinare le procedure di accesso al meccanismo. Niente da fare anche per il bonus cultura da 500 euro per i giovani previsto nella legge di stabilità 2016 approvata alla fine dello scorso anno:  a maggio, la card è stata estesa anche agli extracomunitari. Ma, in mancanza del dpcm sulle modalità tecniche di accesso, il beneficio è rimasto solo sulla carta.  Per tutti.

FRENA, MATTEO E pensare che appena insediato, proprio sul tema del forte arretrato dei decreti attuativi il premier Renzi aveva dichiarato guerra all’inefficienza di Palazzo Chigi. Facendo della discontinuità e della velocità il suo vessillo. Si era accanito in particolare contro Monti e più ancora contro Enrico Letta. Accusandoli apertamente di avergli lasciato in eredità un fardello di 889 decreti attuativi ancora da varare. Peccato che, a distanza di oltre due anni, la situazione non appaia migliorata di molto. Anzi, l’arretrato, secondo fonti di palazzo Chigi, è fisiologicamente destinato ad aumentare. Soprattutto a causa del malvezzo di rinviare ad un momento successivo, anche lontanissimo nel tempo, le norme che occorrono per rendere pienamente operative le leggi già annunciate e varate da Renzi in Parlamento. 

VASCELLO SENZA GUIDA Da febbraio 2014, cioè dall’arrivo a Palazzo Chigi, il governo Renzi ha approvato in tutto 339 provvedimenti legislativi che, con effetto a cascata, hanno prodotto 831 decreti a cui dare attuazione. Un po’ meno dello stock che i due esecutivi precedenti gli avevano lasciato in eredità. Pratica che solleva critiche feroci dalle opposizioni. “C’è una discrasia molto profonda tra la tecnica degli annunci e l’attuazione reale delle riforme”, denuncia Arturo Scotto, capogruppo alla Camera di Sinistra italiana: “Il mito della velocità e del decisionismo alimentato da Renzi si scontra con un dato obiettivo: il nocchiero appare molto deciso, ma il vascello è senza guida”. Allarmante anche il giudizio di Francesco Paolo Sisto, fino a pochi mesi fa presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, un esperto della materia. “Questo governo non investe nelle riforme, ma fa investimenti tendenti ad acquisire consensi attraverso l’abuso di strumenti normativi, che siano i decreti legge, le leggi delega o altro, per perseguire risultati non rispettosi della Costituzione”, afferma il parlamentare forzista: “Da questo punto di vista anche le riforme alla prova del referendum di ottobre sono pensate  per codificare un quadro subdolamente autoritario e cioè attraverso strumenti apparentemente corretti ma che si trasformano in un abuso degli strumenti parlamentari. Una pratica non certo tendente all’efficienza, ma ad una sorta di efficientismo che spaventa”.

BOSCHI DA’ I NUMERI Anche sulla trasparenza dei dati, del resto ci sarebbe molto da dire: in capo a ripetute richieste di informazioni (quanti decreti sono stati adottati alla data del report mensile di maggio? Quanti in attuazione delle riforme del governo Renzi e quanti rispetto alle norme varate da Monti e Letta? Quanti dello stock pregresso sono invece stati semplicemente cancellati?), l’ufficio stampa del ministro delle riforme, Maria Elena Boschi, risponde con vaghezza. “Il sito dell’Ufficio per il programma di governo offre una vasta quantità di dati e di informazioni sullo stato di attuazione dei provvedimenti amministrativi previsti dalle leggi di riforma e tali dati possono essere aggregati ed elaborati in base alle esigenze di chi legge”. Insomma, impossibile ottenere una cifra precisa. Perciò, se proprio si vuole un numero, non resta che mettersi a fare i conti. I dati, assicurano dagli uffici ministeriali, ci sono. Anche se nessuno li vuole certificare.

VOLTIAMO PAGINA Cominciamo perciò a scartabellare tra le pagine del sito web della Presidenza. Nell’ultimo report di maggio, i decreti attuativi adottati o ancora da adottare, sono compresi in una tabella unica. Peccato che la tabella non evidenzi per esempio gli atti già scaduti. Né la cifra complessiva dei decreti adottati nei termini previsti. Dobbiamo perciò andare in un’altra pagina web in cui vengono elencati i provvedimenti approvati nel 2014 (83), nel 2015 (202) e fino al 12 maggio 2016 (62). E fare una prima somma. Il conto, stando al pallottoliere, fa 347: si tratta per la gran parte di decreti ministeriali già operativi oppure ancora in corso di perfezionamento. Il che fa concludere che mancano completamente all’appello 484 (831-347) provvedimenti indispensabili a far decollare le riforme promesse da Renzi.

FATE LUCE Questo per quanto riguarda l’arretrato accumulato e attribuibile al premier in carica e ai nuovi inquilini di Palazzo Chigi. A questo fardello va poi sommata l’eredità dei governi precedenti, un residuo di 201 decreti che attendono di vedere la luce da anni, alcuni aspettano addirittura dal 2011. Ebbene, proprio aggiungendo la prima cifra relativa agli arretrati di Renzi (484) alla seconda (201) attribuibile all’attività dei suoi predecessori, si arriva al fatidico tetto complessivo dei 685 decreti ancora da attuare. E la cui sorte, inutile dirlo, è ovviamente incertissima, come l’esperienza insegna.

LAVORI IN CORSO Questi i numeri. Che offrono uno spaccato illuminante sullo stato dei lavori a Palazzo Chigi. Soprattutto sull’effettiva applicazione delle riforme di Renzi. Dei ritardi delle unioni civili e del nuovo codice degli appalti abbiamo detto. Ma tanti altri sono i casi di riforme più o meno importanti che attendono di essere completate con i necessari decreti. Molta strada resta ancora da fare, per dire, al fine di vedere compiuta l’attuazione della riforma della pubblica amministrazione, la madre di tutte le battaglie per la modernizzazione dell’apparato statale. “Il disegno finale che ne verrà fuori attraverso le misure di attuazione – spiega Francesco Paolo Sisto – sfugge al Parlamento che ha accordato una delega al governo a 360 gradi”. Ma poi ci sono anche gli affari correnti, le tasse, i  bonus veri o quelli solo annunciati. Ulteriori misure che attendono di essere completate. Come l’ultima legge di Stabilità, per la quale è giunto sul filo di lana, dopo un caos durato mesi e senza che siano cessate proteste e polemiche, il decreto attuativo sul canone Rai. In compenso, migliora la situazione della  sicurezza nazionale. Tra gli ultimi decreti attuativi licenziati dal governo, spunta quello sulla disciplina per l’utilizzo dei droni da parte delle forze di polizia, anche in funzione antiterrorismo. E poco importa che la legge fosse già vecchia di un anno.

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