di Carblogger

Car hacking? All’inizio della settimana è uscita la notizia che dei ricercatori britannici hanno dimostrato una falla nel sistema antifurto della Mitsubishi Outlander PHEV: hanno scoperto che, collegandosi alla rete WiFi generata dall’auto (quella utilizzata dall’app ufficiale) è possibile interagire con le centraline del veicolo, arrivando fino a disabilitare l’allarme. L’unica protezione, in questo caso, era la chiave privata della rete, che non si è dimostrata abbastanza robusta.

Questo è solo l’ultimo caso di una lunga serie di episodi simili: lo scorso anno fece scalpore quanto scoperto da due ricercatori americani, che, attraverso la rete cellulare (quindi da qualsiasi punto degli Stati Uniti coperto da segnale), riuscirono a collegarsi al sistema uConnect dei veicoli americani di Fca, attivando funzioni come il limitatore di velocità, lo spegnimento remoto del motore e (a basse velocità, probabilmente sfruttando il park assist) il controllo dello sterzo. E i problemi non sono frutto solo di azioni deliberate: proprio in questi giorni negli Stati Uniti, a causa di quello che pare un errore nel software, il sistema di infotainment/navigazione di molti veicoli Lexus ha smesso di funzionare.

E’ la dimostrazione che le Case, nella foga di saltare sul carrozzone dell’Internet of Things, sottovalutano cosa significa rendere “smart” un veicolo.  Americani, europei, giapponesi: non si salva nessuno. Si ripresentano problemi già affrontati anni or sono dalle grandi aziende del tech che, lungi dall’essere totalmente sicure (la sicurezza totale, in campo informatico, è un’utopia), hanno comunque ridotto simili episodi, al punto che per penetrare nei loro sistemi sono richiesti sforzi ben più elevati – ma non impossibili- di quelli incontrati negli episodi citati, ed un loro eventuale bug, o errore nel codice, difficilmente porta a conseguenze gravi di per sé, anche se può essere usato dai malintenzionati come backdoor, un punto d’ingresso nascosto.

Ma così come i costruttori spendono cifre faraoniche in ricerca e sviluppo per la progettazione delle loro vetture ed il controllo di qualità degli organi meccanici, oltre a finanziare organismi come l’EuroNCAP, sarebbe il caso iniziassero a considerare l’idea di creare un ente analogo, con lo scopo di testare la sicurezza e l’affidabilità di queste nuove soluzioni digitali.

In tempi dove parlare di guida autonoma è all’ordine del giorno, e sempre più paesi introducono leggi ad hoc per gestire il comportamento su strada di queste nuove vetture, sembra che i mezzi per introdurre una simile organizzazione non manchino. La volontà, forse, ha bisogno di essere stimolata, ma speriamo ciò accada prima che sia troppo tardi e si perdano vite umane: prevenire è meglio che curare.

In fondo, per finanziare simili iniziative, basterebbe ridurre di qualche punto percentuale il budget del marketing: sicuramente la dimostrazione dell’avere a cuore la sicurezza dei propri clienti lascerà un segno più profondo di qualche campagna pubblicitaria, i cui slogan saranno dimenticati nel giro di poco.

@carblogger_it

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