Perché per rispondere alla domanda “Ha un futuro il giornale di carta?” la Repubblica invita a parlarne il direttore di Internazionale, Giovanni De Mauro, e il direttore di Origami, Cesare Martinetti, vale a dire due pregevoli testate di carta che però hanno contenuti che indubbiamente si possono gestire e leggere anche su una testata online? E perché lo stesso Mario Calabresi afferma che il giornale di carta ha un futuro e certamente un presente solo se approfondisce e spiega gli avvenimenti, come se su una testata online non si possa approfondire e spiegare?

Se si ascolta con attenzione e rispetto l’interessante dibattito, si può facilmente rilevare che non uno dei ragionamenti e non una delle affermazioni dei tre autorevoli colleghi costituisce, in una qualche maniera, elemento a supporto della insostituibilità del giornale e del giornalismo di carta rispetto a quello online. In considerazione del fatto che ci sono certamente altri argomenti per sostenere che il giornale di carta ha ancora un presente e forse anche un futuro – come ritiene con convinzione anche chi scrive – nel caso della iniziativa di RepIdee, sembra quasi di essere di fronte ad un episodio di eterogenesi dei fini, cioè conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali. Senza volerlo, si porta acqua al mulino di chi sostiene – come si dice correntemente, come si dà generalmente per scontato e come in molti temono – che i giornali non abbiano futuro e, già oggi, siano praticamente degli zombies.

La Repubblica tradita

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