E’ immancabile che dopo ogni elezione i politici affermino sempre e costantemente di aver vinto. Le casistiche sono varie. Si va da chi ha vinto davvero a chi ha tenuto rispetto a un calo che poteva essere superiore e a chi veniva dato per spacciato e invece orgogliosamente si sente ancora in corsa. C’è chi ha quasi vinto, chi è passato dallo zero virgola allo zero virgola e qual cosina in più, chi si sente vincitore perché ha impedito a qualcuno di vincere. Nelle elezioni comunali poi un comune su 1300 in cui si sia vinto ci sarà bene?

Ma è proprio vero che è utile ai fini della strategia del partito affermare di aver vinto? Questa convinzione deriva dall’idea che le persone incerte, che non appartengono ideologicamente a un partito, “salgano sul carro del vincitore”. Soprattutto nelle tornate elettorali che prevedono un ballottaggio, secondo questa credenza, è  importante affermare di aver vinto per indurre un effetto aggregante su  coloro che hanno già votato per ripetere la stessa scelta nel ballottaggio e per far sì che gli incerti si schierino con in vincitore annunciato. Credo che questa convinzione sia frutto delle frequentazioni dei politici. Inevitabilmente chi svolge questa attività a tempo pieno vive a stretto contatto con un sottobosco di personaggi pronti a salire su tutti i carri che passano. I giornalisti e opinionisti sono specialisti nell’adulazione del vincitore annunciato in quanto, da che mondo è mondo, i giornali e le televisioni vivono di equilibri politici. Vediamo spesso che giornalisti fino a ieri schierati per un partito o una coalizione sentano il vento che tira e si riposizionino, con artifizi lessicali, cambiando opinione su temi di grande rilevanza. Poi ci sono quelli che ambiscono a cariche o prebende elargite dai politici fra cui purtroppo, vista la loro professione, anche tanti medici e magistrati. Ma veramente questo parterre di opportunisti sposta gli equilibri elettorali? Certamente esistono gli opinion-leader che hanno influenze locali ma a mio avviso in soldoni, anzi per meglio dire in voti, non credo che influiscano così tanto.

Può succedere che per gli incerti emerga il desiderio di votare i perdenti? I vincitori annunciati a volte appaiono antipatici perché rappresentano la protervia  e molti di noi istintivamente  si sentono più solidali con chi è in difficoltà. Nella vita dell’uomo medio sono molto più frequenti le sconfitte che le vittorie perché matematicamente per un vincitore in moltissime attività della vita ci sono molti sconfitti. Già alle scuole elementari ognuno di noi ha sperimentato che per un primo della classe  almeno altri 25 non lo erano. In quasi tutte le competizioni per una squadra che arriva prima ce ne sono decine che perdono. E’ vero che in qualche singolo settore della vita ognuno di noi può sentirsi vincitore perché fa l’orto più bello del vicino, oppure perché sa suonare la chitarra meglio di suo fratello ma nella stragrande maggioranza delle situazioni dobbiamo imparare ad affrontare tante piccole sconfitte. Direi che anzi essere adulto significa proprio accettare e vivere con una certa positività le inevitabili perdite. La solidarietà con il “perdente annunciato” anche nella cabina elettorale potrebbe essere più forte che il desiderio di premiare il vincente per sentirsi dalla sua parte.

Non sono in grado di affermare in che percentuale e in che misura questi diversi stati d’animo influiscano su un elettorato per definizione incerto, volubile e che in gran parte tende ad astenersi. Vorrei però insinuare un dubbio nei politici che è anche corroborato da alcuni recenti dati esteri ed Italiani: in Austria l’affermazione del presidente, in Italia la grande avanzata dei 5 stelle del 2013 e del Pd nel 2014 tutte non previste.

Per i motivi sopra riportati prego i politici, dopo la prossima tornata elettorale, di astenersi dal cantare vittoria. Se la vittoria ci sarà saremo contenti per loro ma vorremmo che si mettessero subito a lavorare senza fare troppo clamore.

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