Nonostante le dichiarazioni pacifiche al vertice Opec della scorsa settimana, le tensioni tra i Paesi produttori sono tutto fuorché smorzate. Tanto che tra Teheran e Riad si profila una nuova guerra dei prezzi, con il rischio di nuovi attriti in seno al cartello. Secondo il Wall Street Journal la Saudi Aramco, la compagnia statale dell’Arabia Saudita, ha ridotto il prezzo del petrolio ai clienti della regione nord-occidentale dell’Europa di 35 centesimi al barile sulle consegne per luglio del greggio leggero e di 10 centesimi sui carichi diretti in Mediterraneo. Una mossa che mostra come il più grande esportatore di greggio al mondo si stia muovendo per correre ai ripari dopo la ripresa delle forniture di petrolio dell’Iran al Vecchio Continente iniziate lo scorso febbraio, con la fine dell’embargo. “Il taglio del prezzo europeo esemplifica l’aspra competizione sul mercato del petrolio tra Iran e Arabia Saudita”, scrive il Wall Street Journal, aggiungendo che i due Paesi stanno decidendo “reciproche riduzioni dei prezzi, offrendo offerte speciali e sconti per singoli acquirenti”.

Al momento il volume delle esportazioni di petrolio dall’Arabia Saudita è di 800mila barili al giorno, mentre quello dell’Iran è di 400mila. Dopo la fine dell’embargo, Teheran ha sempre detto di voler riconquistare il mercato europeo e di voler aumentare le forniture a 700mila barili nei prossimi mesi. Motivo per cui si rifiuta di fissare un tetto alla produzione, facendo saltare qualsiasi accordo tra i Paesi dell’Opec. Anche all’ultima riunione il tutto è finito con un nulla di fatto a parte la nomina del nuovo segretario generale, il nigeriano Mohammed Bankindo, dopo quattro anni di trattative. L’Iran può quindi continuare a produrre a volontà e l’obiettivo, ha ribadito ancora oggi il ministro del petrolio iraniano Bijan Namdar Zanganeh, è quello di concentrarsi nei prossimi mesi sui mercati europei e africani.

Sta di fatto che la mossa saudita ha gettato nuova benzina sul fuoco. Solo pochi giorni fa, subito dopo la riunione, le tensioni interne all’Opec sembravano essersi assopite. Il ministro iraniano aveva detto che l’incontro era stato “senza tensioni” e che, “grazie a questa nuova atmosfera”, i produttori “sono riusciti a raggiungere una serie di accordi, come quello per la nomina del nuovo segretario generale”. Ora però i toni sono ben diversi: “C’è solo un tetto di produzione ma non si stabilisce quanto debba produrre ogni singolo paese e ciò non può essere accettabile“, ha detto lo stesso ministro dopo la mossa di Riad. Che con l’occasione ha anche invitato i grandi colossi internazionali dell’energia a investire in Iran, ricordando che i costi di produzione sono molto bassi e non superano i 10 dollari per ogni barile di greggio.

A dimostrazione che l’Arabia Saudita cerca di contrastare la concorrenza iraniana sul mercato europeo c’è il fatto che Aramco da altre parti si muove molto diversamente. La compagnia statale ha infatti aumentato di 25 centesimi al barile il prezzo per i clienti dell’Asia, il mercato più grande per i sauditi, e di 20 per quelli degli Stati Uniti, dove Teheran non è una minaccia. Questo rialzo è però anche un segno che Riad è fiduciosa che la domanda stia crescendo, erodendo finalmente un eccesso di fornitura globale. In particolare – ha spiegato all’agenzia Bloomberg Robin Mills, amministratore delegato della società di consulenza e analisi Qamar Energy di Dubai –  l’aumento delle richieste in Asia, soprattutto dalla Cina e dall’India, sta aiutando Aramco a rimanere competitiva anche con prezzi più elevati.

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