“A noi possono ammazzare come bestie, tanto nessuno dice niente”. In mezzo a un corteo contro la violenza e il razzismo organizzato sabato 28 maggio per le vie di Parma, c’era anche uno striscione che chiedeva giustizia e verità per Mohamed Habassi, un 34enne tunisino che due settimane fa è stato torturato e massacrato fino alla morte da un gruppo di aguzzini capeggiato da due italiani perché da mesi non pagava l’affitto di casa. A sventolarlo tra la folla, alcuni connazionali amici della vittima, che vogliono ridare dignità e rispetto alla morte di un uomo che è passata quasi sotto silenzio. Perché a differenza di altri casi di efferata violenza, l’omicidio di Habassi non ha avuto il clamore dei fatti di cronaca nera che occupano titoli nazionali e approfondimenti tv. “Le nostre vite valgono più dei vostri soldi” era scritto in arabo e italiano a caratteri cubitali, uno dei pochissimi gridi che si è innalzato su una tragedia che nel giro di pochi giorni è finita quasi nel dimenticatoio. “Se i ruoli fossero stati invertiti, se la vittima fosse stata un italiano ucciso da due tunisini, le reazioni della comunità sarebbero state molto diverse. Qui però nessuno poteva speculare, e così il fatto che sia stato massacrato un essere umano è sembrato quasi una cosa normale. Ma la verità è che un uomo è stato ucciso per soldi” denuncia Katia Torri della Rete diritti in casa, che nel parmense offre un aiuto alle persone che devono affrontare l’emergenza casa, tra sfratti e affitti che si fanno sempre più fatica a pagare.

La “colpa” della vittima: non pagava l’affitto
Habassi non era tra gli assistiti dalla Rete, ma era conosciuto da alcuni degli stranieri che ricevono assistenza, raccontano che spesso lo incrociavano alla mensa della Caritas. Viveva a Basilicagoiano, frazione di Montechiarugolo a pochi chilometri da Parma, in un appartamento che la compagna, deceduta ad agosto 2015 in un incidente stradale, aveva preso in affitto. I due avevano un figlio ma si erano separati, e poco dopo la morte della donna, Habassi era tornato in quella casa il cui contratto era intestato alla ex, mentre il bambino era stato affidato ai nonni in Tunisia. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti però da allora il 34enne non avrebbe mai pagato l’affitto e i tentativi della padrona di casa di sfrattarlo per vie legali, con tanto di denunce a carabinieri e sindaco, sono sempre andati a vuoto. L’uomo si rifiutava di lasciare lo stabile e dalla scorsa estate ha continuato a occupare l’appartamento, ospitando molte persone e spesso disturbando anche il vicinato. Così la notte tra il 9 e il 10 maggio il compagno della proprietaria, Luca Del Vasto, parmigiano di 46 anni titolare di un’impresa di pulizie e gestore di un noto bar della provincia, decide di far pagare il conto all’inquilino una volta per tutte. Insieme all’amico Alessio Alberici, fumettista 42enne piuttosto conosciuto nel parmense, carica in auto quattro operai di origine rumena e insieme partono per la spedizione punitiva. Sono ubriachi e pieni di cocaina, indossano guanti in lattice e sono armati fino ai denti: una mazza da baseball, un tirapugni, una pinza a pappagallo, una sbarra di metallo, un guanto in rete metallica per disossatori e un martello saranno gli strumenti con cui sevizieranno Habassi.

Il blitz scatta poco dopo la mezzanotte. I sei si introducono nell’appartamento, Habassi è con un amico che capendo le intenzioni degli aggressori scappa e chiede aiuto. Da qui comincia la carneficina: c’è una colluttazione, Habassi viene preso a sprangate e torturato, gli viene strappato un orecchio a morsi, tagliata una parte di naso, con una pinza gli vengono amputate due dita del piede e della mano. È un vero e proprio linciaggio, come emerso in un secondo momento dai primi dettagli dell’autopsia. Quella notte i vicini di casa sentono le grida disperate della vittima chiedere aiuto, chiamano i carabinieri, la pattuglia arriva quando il massacro è ancora in corso. Ma è tardi per salvare il 34enne, che viene ritrovato con il corpo martoriato senza vita in una pozza di sangue. I sei responsabili vengono fermati e arrestati nel giro di 48 ore. I due parmigiani, persone insospettabili trasformatisi nel giro di una notte in aguzzini, avrebbero agito perché il tunisino non pagava l’affitto. Questa almeno è la motivazione ufficiale secondo le ricostruzioni, anche se gli inquirenti stanno cercando di capire se dietro le tensioni tra l’uomo e i suoi assassini potessero esserci anche motivi legati al mondo della droga. Ora Del Vasto e Alberici insieme ai quattro gregari rumeni dovranno rispondere delle accuse di concorso in omicidio con le aggravanti della premeditazione e della crudeltà.

Il silenzio dei media e delle istituzioni
La vicenda arriva sui giornali locali online e cartacei, ma a differenza di altre guadagna poco spazio nei commenti dei politici o delle istituzioni cittadine. In quei giorni a Parma c’è il salone internazionale dell’alimentazione Cibus, poco dopo scoppia il caso del sindaco Federico Pizzarotti indagato per abuso d’ufficio e poi sospeso dal Movimento 5 stelle, le telecamere e i taccuini dei media nazionali sono tutti per il food prima e poi per la bufera politica che investe la città, e la cronaca nera passa in secondo piano, e poi viene dimenticata. “La cosa inspiegabile è il silenzio che c’è stato a Parma e a livello nazionale su questa agghiacciante vicenda – racconta Torri a ilfattoquotidiano.it – Hanno avuto tutti molta fretta di chiudere questo omicidio che ha dei contorni cupissimi. Dobbiamo anche ricordare che la vittima aveva un figlio, un bambino di sei anni rimasto orfano, di cui qualcuno si dovrà occupare. Ma anche per questo aspetto non c’è stato alcun risalto”.

Il compito di capire le responsabilità e i contorni dell’orrore che si è svolto a Basilicagoiano sarà degli inquirenti, che dovranno chiarire quale sia stata la causa della morte di Habassi e quale ruolo abbiano avuto i sei componenti del gruppo omicida. Ai cittadini e alle istituzioni, il dovere di interrogarsi su tutto il resto. Nicola Dall’Olio, capogruppo Pd in consiglio comunale a Parma, si è recato a giorni di distanza sul luogo del delitto per incontrare quei vicini di casa che non vedevano di buon occhio Habassi, ma che quella maledetta notte hanno cercato invano di salvarlo allertando più volte le forze dell’ordine perché intervenissero per interrompere la rissa e poi la carneficina. “Mi hanno descritto la situazione di degrado e disagio che vivevano da mesi se non anni per le frequenti liti, gli schiamazzi, le urla che venivano da quell’appartamento – racconta su Facebook – E mi hanno anche detto che da quando si è svolto questo omicidio efferato per mano di due parmigiani nessuno delle istituzioni, a parte le forze dell’ordine, è andato a trovarli, ad ascoltarli, a portare attenzione, nemmeno quelli che attraverso la stampa si schierano a parole dalla parte dei cittadini”.

“La proprietà è sacra, la vita no”
L’omicidio di uno straniero può passare in secondo piano solo perché è uno straniero? Se lo chiede la Rete Diritti in casa, e se lo chiedono gli amici di Habassi. “Chi e dove sono i barbari? Habassi è stato torturato a morte perché non pagava l’affitto, da due benestanti barbari parmigiani – scrive Torri sulla sua pagina Facebook ricordando la morte del 34enne – Ma la consapevolezza di vivere in mezzo ai barbari ci viene data dalle mezze frasi, dalle giustificazioni, dalla mancanza di pudore di chi prova a giustificare, di chi cerca attenuanti, di chi getta fango su chi ormai non si potrà più difendere”. È vero per esempio che l’uomo occupava la casa abusivamente? “In realtà era moroso, non pagava l’affitto. Aveva un problema di soldi e probabilmente anche dei debiti, come capita frequentemente oggi” continua Torri, che parla di emergenza casa tracciando una realtà a tratti inquietante. Perché sempre più spesso nell’ultimo periodo, racconta, si incontrano casi di proprietari intransigenti verso le persone che non riescono a pagare il canone, che arrivano a minacciare gli inquilini per farli lasciare l’abitazione, nonostante si tratti di famiglie in difficoltà o con bambini, al punto che a volte è necessario denunciare alle forze dell’ordine.

“Non si tratta solo di gente che non paga da mesi, ma anche di casi di ritardo che in questo periodo di crisi possono capitare – spiega la rappresentante di Rete diritti in casa – I padroni staccano le utenze, minacciano, arrivano a bussare alla porta a tutte le ore del giorno e della notte, c’è stato perfino un caso in cui è stato lanciato dell’acido addosso a una persona che non riusciva a pagare”. Sono episodi, certo, perché poi ci sono anche i proprietari che invece collaborano, che si attivano insieme alla Rete per chiamare i servizi sociali e trovare una sistemazione alle persone che fanno fatica. Però sono storie che, alla luce di quello che è successo a Basilicagoiano, fanno pensare. “E’ così che siamo diventati: la proprietà è sacra, la vita no. – conclude Torri – Però c’è da ricordarsi che quando la pietà muore, muore per tutti. È la fine dell’umanità, e non riguarda soltanto gli stranieri”.

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