Stasera torna il Mario del Dov’è Mario? di Corrado Guzzanti, quello che grazie al tocco magico di un incidente quasi mortale, rompe il guscio usuale e sdoppia la personalità tra quella che già era, ovvero l’intellettuale dalla comunicazione congelata, e quella della pop star dalla espressività diretta. È il collaudato schema del doppio, tipo Jekyll il virtuoso e Hyde il pessimo, salvo che qui la personalità “positiva” perché schietta, è quella del Mario B rispetto al Mario A, l’ingessato ed esausto accademico. Siccome gli opposti (due, forse tre, forse ancora di più) sono latenti in ognuno di noi, secondo la memorabile rivisitazione platonica di Inside Out, la satira di Corrado non parla dei potenti (che sarebbe troppo facile), ma di noi, che è molto più arduo perché in verità non ci piace essere presi in giro, né ci rassicura di vedere le cose in cui “crediamo” ridotte a poltiglia.

E infatti questo Mario, lo abbiamo constatato in vari testa a testa, è divisivo: da una parte quelli che si chiedono dove vada a parare sperando in fondo che una direzione ci sia, dal lato opposto quelli che più si vagola tra senso e non senso meglio è. Sostanzialisti contro nihilisti, mettiamola così. Un po’ come sta accadendo, sotto sotto, con le discussioni di rito, scatenate da Gomorra, attorno alla rappresentazione del cosiddetto Male. In Gomorra è assente il gioco del Doppio, quello delle forze del Bene contro le forze del Male, prodotte entrambe dallo stesso corpo sociale, anche se veniamo ammoniti che a fare il gangster non si vive né tranquilli né a lungo. È proprio questa solitudine del Male, questa autoreferente rappresentazione del medesimo, dove il Bene se tentasse di intrufolarsi, figurerebbe come i cavoli a merenda, che dà la spinta alle riflessioni preoccupate, non tanto perché mostra dei cattivi esempi, ma perché mette in scena una società senza alternative fra la parte del lupo e quella della pecora, e dove anche gli ovini più quieti, per non farsi mangiare, e non perché vittime di cattivi maestri, vengono spinti a diventare a loro volta carnivori.

Siamo insomma, con Dov’è Mario? e con Gomorra, alle preoccupazioni di ordine mentale e di ordine pubblico e alle relative angosce: se l’intelletto è la convivenza forzata di opposti, a quale dare ragione?; e se la società è quella (peraltro Hobbes e Machiavelli in qualche modo ci avevano messo in guardia) dell’homo homini lupus, che favola ci raccontiamo attorno alla naturale propensione alla giustizia e al bene collettivo? Chi sta barando? Quelli che provano angoscia o gli altri che fanno mostra di disinvoltura davanti alla medesima? Che senso hanno le tante parole, i corrucciati sguardi, gli impegni giurati che corrono dalle televisioni ai social e viceversa? Sono la manifestazione di dilemmi etici o solo una recita in fondo consolatoria e ruffiana?
È chiaro che la risposta, per quanto ci riguarda, non l’abbiamo. O meglio, che preferiamo non andarla a stuzzicare.

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