Si scelgono un film, un cinema e una data. La piattaforma fornisce la pellicola in formato digitale, il materiale pubblicitario e indica un numero minimo di spettatori affinché la proiezione possa avere luogo. È così che funziona MovieDay, una startup tutta dedicata al grande schermo. “Di solito è necessario staccare tra i 40 e i 50 biglietti, che hanno un costo medio di 5 euro”, spiega il fondatore Antonello Centomani. E l’incasso? “Il 50% lo trattiene la sala, il 30 va alla produzione, il 20 lo prendiamo noi”. Oggi sono 110 i cinema presenti sulla piattaforma, più di mille i film in catalogo: “Finora sono state lanciate 300 proiezioni e ne sono andate in porto circa 200, di cui una sessantina hanno registrato il tutto esaurito”.

Due anni di progettazione per andare on line nel maggio del 2015, sei mesi di perfezionamento della piattaforma che è di fatto pienamente operativa da gennaio di quest’anno. In tutto questo anche lo studio di esperienze analoghe sorte all’estero e il premio Innovazione culturale di Fondazione Cariplo, che ha garantito un anno di incubazione e 130mila euro che hanno permesso di mettere insieme un team di una decina di persone. “Sostanzialmente su MovieDay ci sono due cose: la possibilità per singoli o associazioni di scegliere un film ed organizzare una proiezione. Oppure l’aspetto che ha un valore culturale più alto: siamo una piattaforma di pubblicazione per il cinema indipendente, che magari non riesce a trovare un canale di distribuzione”.

È successo ad esempio ad Unlearning, documentario di Lucio Basadonne considerato il manifesto della sharing economy: la storia di una famiglia che decide di intraprendere un viaggio lungo sei mesi senza spendere un euro. Escluso dai canali distributivi “ufficiali”, ne ha trovato uno grazie a questa startup. “Il progetto di MovieDay nasce quattro anni fa, anche se io mi occupo da sempre di cinematografia: mi sono laureato in storia del cinema a Napoli, dove per anni ho gestito una sala d’essai», spiega Centomani. Alle spalle questo imprenditore campano ormai milanese d’adozione ha anche un’altra startup, che aveva sviluppato un software capace di generare sottotitoli per permettere la visione dei film in lingua originale. Un’avventura che si è conclusa con un fallimento: “Ho commesso tutti gli errori possibili. Ma, se ci ripenso oggi, direi che è stata un’esperienza indispensabile”.

“Fail fast, succeed faster”, come recita uno dei mantra dell’ecosistema startup. “Chiuso quel capitolo ho avuto bisogno di un paio di anni di decompressione che ho trascorso insegnando in Italia e all’estero”. Sotto la cenere, però, il “fuoco” dell’imprenditoria non si era spento. “Continuavo a ragionare sul passaggio dalla pellicola al digitale, sulla crisi che ha colpito le sale, sul fatto che nonostante questo ci sia un’iperproduzione di contenuti. Nel mondo vengono realizzati 50mila film all’anno. Insomma, ci sono una domanda ed un’esperienza da reinventare”.

La proposta di Centomani passa da questa piattaforma che fa incontrare pubblico, sale cinematografiche e registi. Che, visti i numeri registrati nei primi sei mesi di attività, sembrano rispondere in maniera positiva. Nonostante una crescita superiore alle aspettative, però, i risultati restano insufficienti per arrivare al pareggio di bilancio. “I costi fissi sono di circa 150mila euro l’anno, stiamo in piedi grazie a bandi e premi, per fortuna ne stiamo vincendo tanti. Per il break even abbiamo bisogno di ancora un paio d’anni”. Solo allora si saprà se quella di MovieDay sarà una storia a lieto fine.

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