Nel 2015 solo 18 delle 69 concessioni per le coltivazioni nel sottofondo marino hanno corrisposto royalties. Le rimanenti 51, che hanno “prodotto idrocarburi liquidi e gassosi sotto la soglia di esenzione”, la cosiddetta “franchigia” prevista dalla legge, non hanno versato un euro nelle casse pubbliche. Un dato tratto dall’e-book “Italia a rischio trivelle”, realizzato da Stefano Lenzi e Fabrizia Arduini, di Wwf Italia. E dal quale, un gruppo di senatori del Movimento 5 Stelle, prende ora spunto per tornare alla carica sul tema delle trivellazioni dopo il mancato quorum dell’ultimo referendum sul tema. Con una mozione a prima firma Gianni Girotto per chiedere al governo di intervenire su una norma che consente di fatto “alle compagnie titolari di concessione di coltivazione di produrre idrocarburi liquidi o gassosi senza obbligo di dover corrispondere alcuna royalties, determinando così minori entrate per l’erario dello Stato e degli Enti territoriali”. Basta, in altre parole, che le compagnie petrolifere si mantengano al di sotto della soglia di esenzione per evitare di pagare un solo centesimo pur realizzando profitti dagli idrocarburi estratti.

AVANTI SI PAGA Un paradosso contro il quale i grillini puntano, a Palazzo Madama, ad impegnare il governo “ad adottare con urgenza ogni opportuna iniziativa volta a modificare il sistema di esenzione” vigente per le produzioni delle concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. “In particolare per quelle in mare”, prevedendo inoltre “la revoca della concessione nel caso in cui la società titolare di concessione produca sotto soglia di esenzione per tre anni consecutivi”. Ma non è tutto. All’esecutivo i senatori del M5S chiedono anche di “revocare i titoli abilitativi relativi alle concessioni di coltivazione in mare non più produttive e a procedere allo smantellamento delle relative strutture e alle conseguenti attività di bonifica e ripristino dei luoghi”. E, ove possibile, di attivarsi per il “recupero delle piattaforme inutilizzate, valutando l’opportunità di promuovere il loro impiego per lo sviluppo di wind farm offshore, previa predisposizione di un piano costi-benefici”. A normativa vigente, l’aliquota a carico delle compagnie impregnate in attività estrattiva sul territorio nazionale, ricorda la mozione, è “del 10% per la produzione di olio e gas su terraferma, del 4% per la produzione di olio in mare e del 7% per la produzione di gas in mare”. Aliquote non dovute, però, “per le produzioni disperse, bruciate, impiegate nelle operazioni di cantiere o nelle operazioni di campo oppure reimmesse in giacimento”. Né per le produzioni “ottenute durante prove di produzione effettuate in regime di permesso di ricerca». Non solo. Per ciascuna concessione, sottolineano ancora i senatori del M5S, “sono esenti dal pagamento dell’aliquota”, anche “i primi 20 milioni di smc (standard metri cubi) di gas e 20.000 tonnellate di olio prodotti annualmente in terraferma, e i primi 50 milioni di smc di gas e 50.000 tonnellate di olio prodotti annualmente in mare”.

VIA LA RUGGINE Stando ai dati della Direzione generale per la sicurezza anche ambientale delle attività minerarie ed energetiche del ministero dello Sviluppo economico, alla data del 29 febbraio 2016, erano 135 le piattaforme marine. Tra queste, si legge ancora nella mozione, 79 eroganti, 40 non eroganti, 8 di supporto alla produzione e 8 non operative. Secondo Greenpeace Italia, nell’aprile 2016, delle 88 piattaforme in mare entro le 12 miglia, ben 35 non erano in funzione: 6 risultano essere “non operative”, 28 sono classificate come “non eroganti” e una è censita come di “supporto” a piattaforme “non eroganti”. Ne consegue che “il 40% delle piattaforme che si trovano nel mare territoriale sono lì a fare ruggine”. Non è un caso, sottolinea ancora Girotto, che “la necessità di bonificare e rimuovere le strutture delle piattaforme inutilizzate è stata oggetto anche della diffida indirizzata al ministero dello Sviluppo economico  il 10 maggio 2016 da parte delle associazioni ambientaliste Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf Italia, affinché le piattaforme offshore non più attive vengano al più presto smantellate”.

Twitter: @Antonio_Pitoni

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