La Sampdoria e i suoi tifosi vivono come marito e moglie separati in casa. Ignorandosi o, al peggio, scambiandosi accuse e stoccate micidiali. I festeggiamenti per il venticinquesimo anniversario dello scudetto vinto dalla Sampdoria di Vujadin Boskov hanno plasticamente evidenziato la frattura, maturata dopo il quindicesimo posto in campionato e la salvezza quasi all’ultimo respiro. La piazza reclama la testa di Ferrero. Al grido di “Non ti riconosciamo come presidente. Vattene!”. I social riprendono l’appello e lo moltiplicano e lunedì sera, in una assemblea che si annuncia infuocata, i tifosi organizzati preciseranno la loro strategia. Non è soltanto questione di risultati sportivi scadenti. La gente non sopporta più il teatrale personaggio immortalato da Maurizio Crozza (tifoso blucerchiato) in gag diventate virali sul web. Genova e Roma, in questo senso, sono distanti anni luce. E Ferrero in comune con Paolo Mantovani ha soltanto l’origine. Roma, appunto. Tutto il resto sta agli antipodi.

A Bogliasco si è svolta la cerimonia ufficiale per ricordare lo scudetto, organizzata dalla società, con Ferrero e lo staff dirigenziale al completo, compresi il dt Osti, il responsabile del settore giovanile Invernizzi e il ds dello stesso, Pecini, entrambi indiziati di siluramento e salvati dopo il vertice fra il presidente e Montella che ha prodotto la riconferma del tecnico. La festa degli ultras Tito invece è andata in scena allo stadio Luigi Ferraris, fasciato di blucerchiato come una bomboniera, in assenza totale dei dirigenti, i tifosi avevano chiarito che non avrebbero gradito la loro presenza. In mezzo al guado gli ospiti d’onore, i reduci del tricolore del 1991, l’intero organico dell’epoca salvo i gemelli del gol, Vialli e Mancini, trattenuti all’estero, Toninho Cerezo, in arrivo in Italia per il matrimonio della figlia, l’ex dg dell’Inter, Marco Branca e il secondo portiere Nuciari.

Cori ed ovazioni della folla, oltre cinquemila persone, all’indirizzo del presidente Paolo Mantovani, il primo artefice del “miracolo”, di Vujadin Boskov e del ds Paolo Borea, tutti purtroppo scomparsi. E neppure una parola spesa per la Sampdoria di oggi. Un ripudio clamoroso che marca la rabbia del pubblico verso dirigenti, allenatore e calciatori. “Il progetto di Paolo Mantovani, che ha portato la Sampdoria al vertice del calcio nazionale ed europeo (nel 1992 la finale di Coppa dei Campioni persa a Wembley contro il Barcellona di Crujiff, ndr) era cominciato all’inizio degli anni Ottanta”, ha ricordato Beppe Dossena, uno dei protagonisti di quella memorabile avventura. “Le nostre vittorie (quattro Coppe Italia, una coppa delle coppe, una coppa di Lega nazionale e appunto lo scudetto, ndr) furono il frutto di un appassionato lavoro di gruppo culminato con il titolo nazionale. Mantovani aveva creato una famiglia in cui tutti lavoravano per uno scopo comune e il rispetto e l’affetto avevano cementato un legame che andava oltre il calcio“.

Non proprio quello che sta accadendo alla Sampdoria di oggi. Poco meno di due anni fa lo sconosciuto Massimo Ferrero, piccolo produttore cinematografico romano e proprietario del pool di sale che furono di Vittorio Cecchi Gori, si trovò catapultato sul pallone, senza neppure sapere come. Edoardo Garrone, proprietario della Sampdoria dopo la morte del padre, Duccio, stanco della contestazione di una frangia della tifoseria, che gli rimproverava la retrocessione in B del 2011, sollecitato dalla famiglia decise di vendere la società al primo pretendente che si fosse presentato. Ferrero, appunto. Anzi di regalargliela. I tifosi allibiti scoprirono che Garrone, pur di liberarsi dalla Sampdoria, l’aveva equipaggiata con una sontuosa dote. Le azioni in regalo, 25 milioni di euro di debiti cancellati, 15 milioni di ricapitalizzazione. In corso d’opera un rosso di bilancio per quasi 25 milioni ripianato e un ulteriore cadeau di 8 milioni di euro in conto spese sopravvenute. Più di 70 milioni di euro. Altro che Babbo Natale. L’archetipo della beneficenza.

Rimpinguato da tanto denaro, Ferrero aveva esordito col botto, un settimo posto in campionato che era valso addirittura l’Europa League. All’improvviso il vento era cambiato. Fuori subito dalla coppa europea, battuti dagli sconosciuti serbi del Vojvodina e il nuovo tecnico, l’ex portiere Walter Zenga, finito sotto il tiro della critica, nonostante il discreto risultato provvisorio (decimo posto) ottenuto nel primissimo scorcio del campionato. L’arrivo in panchina di un altro illustre ex, Vincenzo Montella, aveva rasserenato la piazza, ripiombata nell’incubo di fronte ad una squadra incapace di giocare un calcio decente, costretta a salvarsi alle ultimissime battuta e umiliata dal Genoa nel derby di ritorno (3-0). Da qui la raffica di accuse: scarso attaccamento dei calciatori alla maglia, guida molle e confusa da parte del tecnico, società assente.

La resa dei conti si avvicina. Ferrero non possiede capitali freschi da investire. Terminata la benzina dei Garrone, deve andare avanti col suo piccolo motore da diporto. La piazza in fermento gli intima di cedere e lui giura che andrà avanti e che farà meglio perché, si lamenta, “il campionato è stato maledetto e la squadra meritava di più. Tra poco inizieranno i lavori per Casa Samp, il rinnovato centro di allenamento di Bogliasco accoglierà anche i ragazzi delle giovanili. La politica dei giovani è l’unica possibile per sopravvivere”. I tifosi non ascoltano più le sue salmodianti promesse da marinaio, né le sue sparate da gradasso: “Nel 2018 lo scudetto”. Esigono che Ferrero si faccia da parte, non accettano il suo stile “caciarone” che contrasta con la tradizione di un club a volte povero di mezzi ma sempre dignitoso e improntato al rigore dei comportamenti.

Scomparso dai radar l’imprenditore Gabriele Volpi, che aveva seriamente valutato l’acquisto del club, si guarda ai fondi di investimento internazionali. Nonostante le smentite di facciata, Ferrero è disposto a trattare la cessione del club, sulla base di una cifra tra i 30 e i 40 milioni di euro. Intanto, Edoardo Garrone ha accettato di rinnovare la fideiussione bancaria in scadenza a giugno. Valore 8 milioni di euro. Una boccata di ossigeno per la società che ha visto svalutato il suo patrimonio giocatori dalla pessima stagione disputata. Muriel, Soriano, Fernando, De Silvestri sono i pezzi pregiati della collezione blucerchiata. E sono tutti sul mercato. Garrone non intende rientrare in prima persona al comando – qualcuno lo spera – ma sta cercando potenziali acquirenti nel mondo della finanza e dell’imprenditoria. Idem l’altro ex presidente, Enrico Mantovani che con Ferrero ha avuto qualche scambio al veleno. Il Viperetta non sparerà alto come fece con Volpi, che era pronto a spendere 20 milioni e se ne sentì chiedere 80. Stavolta l’affare si può fare su basi ragionevoli. Basta farsi avanti. E trattare.

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