Ho conosciuto Marco Pannella nel lontano 1964. Me lo presentò Franco Sircana, un “radicale storico”, mio collega all’Iri e fraterno amico. E con Marco conobbi Gianfranco Spadaccia, Angiolo Bandinelli e tanti altri compagni che ancora oggi si battono per le cause radicali. Io ero un socialista lombardiano, molto preso dai temi economici e sociali, attento soprattutto alla realtà italiana. Con Marco scoprii tutta l’area sterminata dei diritti civili e compresi l’importanza di guardare sempre a quel che accadeva nel vasto mondo fuori dei nostri confini.

Mi univa a lui, fra l’altro, il fatto di essere anch’io abruzzese e l’ammirazione che Marco aveva per la “Brigata Maiella”, di cui mio padre fu il comandante. Ancora pochi mesi fa, quando lo incontravo nei corridoi di Torre Argentina, Marco gridava scherzosamente (non era “serioso” come molti altri politici): “Viva la Brigata Maiella”. Eravamo tutti uniti (i radicali come noi socialisti, che avevamo in Alberto Benzoni il nostro Vate) dal desiderio di costruire una sinistra di stampo europeo, fortemente riformista e laica.

Per questo demmo vita con molto entusiasmo al Cusi – Comitato per l’Unità della Sinistra Italiana, ben presto naufragato fra le mille scissioni che sono la maledizione della sinistra in Italia. Per la prima volta, in quella occasione, molti di noi ebbero “la doppia tessera”, socialista e radicale.  Per questo ci siamo illusi, pochi anni addietro, quando nacque la “Rosa nel Pugno”.
Per questo il mio auspicio, nel giorno in cui Marco ci lascia, è che queste speranze di unità siano tenute vive da tutti noi e da quelli che dopo di noi riprenderanno gli ideali di Marco.

P.S. I casi della vita hanno voluto che la compagna di Marco, Mirella Parachini, sia stata il medico che ha fatto nascere tre dei miei quattro nipotini. A lei, un forte abbraccio.

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