Sono lontani i tempi di Pirlo, Bonazzoli, Baronio e Bianchi. E pure quelli del miracolo di mister Mazzarri che per alcuni anni ha consentito a Reggio Calabria di stare nell’olimpo del calcio italiano. In quegli anni la città ha conosciuto anche l’attenzione dei media giapponesi perennemente in riva allo Stretto per seguire Shunsuke Nakamura, il calciatore che, in assoluto, ha fatto vendere più magliette amaranto. Per i turisti del Sol Levante, all’epoca, le agenzie di viaggio organizzavano anche dei pacchetti di tre giorni in Calabria comprensivi del biglietto dello stadio per assistere alla partita. Dai fasti della serie A alle aule del tribunale, il passo è breve. La parabola discendente della Reggina Calcio sembrava aver toccato il fondo con la richiesta di concordato preventivo della società di Lillo Foti e con una nuova squadra, l’Asd Reggio Calabria, che è ripartita dalla serie D. E invece, nell’anno in cui il Crotone di Vrenna ha conquistato la promozione in serie A, su richiesta della Procura di Reggio Calabria il gip Massimo Minniti ha sequestrato la Reser Srl in liquidazione (già Reggina Service Srl), dell’Ares Srl e dell’Amaranto Servizi Srl.

Un sequestro di beni che ammonterebbe a circa 20 milioni di euro. Per il procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e per il sostituto Stefano Musolino una buona parte di quanto sostenuto da Lillo Foti nella richiesta di concordato preventivo per evitare il fallimento non corrisponderebbe alla verità. Il presidente Lillo Foti e l’amministratore unico della società Giuseppe Ranieri, secondo i pm, hanno indicato attivi non veritieri in modo da poter accedere al concordato preventivo.

Un magheggio per il quale ai due dirigenti della Reggina vengono contestate violazioni della legge fallimentare, ma anche la truffa. Secondo il nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, guidata dal colonnello Luca Cioffi, Foti e Ranieri hanno sostenuto crediti inesistenti che avrebbero dovuto far scongiurare la bancarotta.

Come i 150mila euro all’anno che la Juventus si sarebbe impegnata a versare alla Reggina. In realtà la convenzione con la squadra bianconera, prevederebbe solo l’utilizzo del marchio “Juventus” per la scuola calcio di Foti in cambio del diritto di prelazione per l’eventuale acquisto di calciatori talentuosi. Nessun accordo, invece, di versare alle casse della Reggina 150mila euro l’anno per l’attività di formazione e scouting di giovani giocatori. Sentito dagli inquirenti il direttore del settore giovanile della Juventus Stefano Braghin, infatti, ha riferito “che era stato stipulato un accordo con la Reggina della durata di sei mesi che aveva carattere sperimentale” escludendo decisamente che fosse “previsto alcun accordo tra le due società per cui la Juventus avrebbe dovuto erogare fondi alla Reggina”.

Allo stesso modo non esiste, secondo la Procura, nemmeno un accordo sulla corresponsione di circa 40mila euro con la Figc quale costo per l’organizzazione di corsi di formazione. Attività queste che dovevano essere svolte – è scritto nel provvedimento di sequestro – “presso i locali abusivamente gestiti del Centro Sportivo Sant’Agata”. Un campo e alcune strutture del Sant’Agata erano stati sequestrati già a marzo per alcune violazioni delle norme urbanistiche, edilizie ed ambientali.

Ritornando all’inchiesta per truffa, sempre secondo la Finanza, nel tentativo disperato di non fallire, Foti e Ranieri “dichiaravano e attribuivano alla Spa attività inesistenti, affermando l’esistenza di un credito nei confronti del Comune di Reggio Calabria per ‘migliorie su Stadio Oreste Granillo’ per un importo di 2 milioni e 991mila euro, mentre è risultato che la Spa sia debitrice nei confronti del Comune per circa 200mila euro”.

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