Lavorare nelle ong è davvero un ‘Fantastic Job’ come lo suggeriamo nel nostro ultimo breve video ‘Working4SocialChange’? Pur con tutti i suoi pericoli esterni e le difficoltà manageriali interne, per noi è veramente un bel lavoro, intenso e ricco di senso. Ma c’è abbastanza offerta di lavoro, e quali sono i principali profili professionali richiesti, oggi?  Sia il video “Working4SocialChange” che la ricerca che segue “Lavoro nelle Ong” sono anteprime che ho il piacere di offrire ai lettori di questo blog su ilfattoquotidiano.it. La ricerca ‘Il Job Posting delle Ong Italiane, una giungla… di opportunità’, svolta dal Career Service di ASVI Social Change, è partita da tre domande:

1. Quanta è ricca l’offerta e quali sono i ‘comportamenti di ‘Job Posting’ (offerta di lavoro) delle Ong?
2. Quali sono le piattaforme di ‘job posting’ migliori, in Italia e nel mondo?
3. Come deve muoversi chi vuole lavorare nel non profit?

1. Quanta è ricca l’offerta di lavoro e quali sono i ‘comportamenti di job posting’ delle Ong? Dove e come pubblicano le offerte di lavoro?  

Un primo dato che emerge è un’offerta di lavoro ricchissima, parliamo di svariati milioni di offerte l’anno nel mondo. Il dato non stupisce, se consideriamo che il non profit, in Occidente, impiega in media il 6% della popolazione. In Italia è il 3-4%, con una stima di 1.3 milioni di occupati in gran prevalenza donne, raggiungendo punte del 13% nei Paesi Bassi con un’incidenza sul Pil superiore al 4%. Il settore che negli ultimi 25 anni ha prodotto e ‘tenuto’ più occupazione in Europa.

Le “vacancy” (offerte di lavoro) aperte nel solo periodo febbraio-marzo e solo su Linkedin, erano 125.000, ma Linkedin è usato pochissimo dalle Ong: nella nostra stima meno del 5% delle offerte di lavoro vi transitano). Inoltre parte significativa dell’offerta non è pubblica e transita tramite canali informali quali passaparola ed Head Hunting ‘informale’. In Italia la sola offerta pubblica da parte delle Ong Italiane aperta nel periodo di riferimento (due mesi) era di 181 vacancy, al 90% inerenti a profili progettuali-gestionali internazionali (project management della cooperazione internazionale, figure gestionali dell’emergenza umanitaria) o di fundraising e comunicazione.

A queste vanno aggiunte le offerte pubblicate esclusivamente sui siti delle organizzazioni (nella ricerca abbiamo tracciato solo le principali), quelle non pubbliche (passaparola, headhunting) e naturalmente le posizioni offerte dalle Ong estere anche in ‘remoto’. Per quanto riguarda l’entità del passaparola, non abbiamo dati aggiornati, ma in una nostra precedente ricerca del 2005 emergeva un’incidenza del 50%, e ad es. alla scuola arrivano sempre molte richieste di profili ‘non pubblicati’.  Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle Vacancy pubblicate dalle ong italiane.

La maggior parte è per posizioni in Italia (+ di 60, 37,5%), segue l’Africa (+ di 50, 31,25%), l’Asia compreso il medio oriente (30, 19%), il Sud America (meno di 10, 6%). Per quanto riguarda il comportamento di ‘Job Posting’ delle ong (‘pubblicazione delle offerte di lavoro’) esso ha solo un punto in comune: l’assenza di policy condivise. Le principali ong pubblicano in primis /prevalentemente sul proprio sito. Questo ovviamente complica la vita ai candidati-chi cerca lavoro.

2. Quali sono le piattaforme di ‘Job Posting’ migliori per cercare lavoro, in Italia e nel Mondo?

Il sito www.idealist.org livello internazionale è quello più specifico e dedicato e per questo è da alcune fonti (es. Forbes, 14 settembre 2012) considerato il miglior sito al mondo per il Job Posting per il terzo settore: nel periodo di riferimento (due mesi) ha pubblicato 13.253 vacancy.  Il sito Devex porta a 2380 risultati. Il sito Relifweb è considerato il migliore per la ricerca di vacancy relative al settore della cooperazione internazionale-emergenza umanitaria, con un totale di oltre 2.000 vacancy nel periodo, e su cui pubblicano molte Ong italiane.
Se Linkedin fosse usato bene ed ampiamente, sarebbe ovviamente la principale piattaforma di riferimento.

Le migliori piattaforme italiane. Dai nostri dati, il sito italiano con migliore copertura è info-cooperazione, con il 42% di copertura (77 vacancy su 181 nel periodo di riferimento Febbraio-Marzo), ovviamente fa particolare riferimento alla cooperazione internazionale). Infocooperazione è prima di tutto un’operazione editoriale di qualità e successo (per fortuna le due cose nel non profit vanno sempre più d’accordo) ed un must per chi si interessa o si occupa di cooperazione internazionale, andate a vedere perché vale la pena. Sempre attivi i siti storici di Volint e di Vita.it.

Dal punto di vista della qualità delle piattaforme, essa si estrinseca in una serie di servizi a valore aggiunto di carattere “manuale” (es. Job4Good dal punto di vista qualitativo ci sembra la migliore tra quelle italiane visionate, un po’ sul modello di ‘Monster’) mentre mancano nel non profit in generale gli automatismi di altre piattaforme ‘non dedicate’ che usano algoritmi di matching.

3. Come deve muoversi chi cerca lavoro nel non profit?  

Intanto, dedicando parte del suo tempo ad esplorare le offerte delle piattaforme nazionali ed internazionali che abbiamo appena segnalato, a partire da Infocooperazione (Italia) ed Idealist.org. Ci sono moltissime offerte anche in sudest asiatico ed un mare di offerte in UK, Usa, Canada.

A oggi, rimane necessario-per chi cerca- il ‘pellegrinaggio’ nei vari siti delle ong di interesse (ad es. sul sito di Save the Children, Oxfam, Action Aid, Greeenpeace, etc.… in “n” paesi…). Per chi voglia-sia disponibile a lavorare a livello internazionale su un determinato profilo, la ricerca si complica in quanto è necessario, oltre al pellegrinaggio sui siti delle ong, anche quello sulle diverse piattaforme, considerando che ce ne saranno sempre di più attive nei vari continenti, inclusa Asia e Africa dove si sta attivando una forte richiesta di profili professionali da parte delle ong locali ed internazionali con sede nel continente. Un occhio va anche alle vacancy in ‘remoto’-lavori nel proprio paese ma a distanza.

I fatidici “requisiti minimi di esperienza”: molti accusano il settore non profit e le ong di essere un mercato chiuso ed aperto solo a chi ha già una pregressa esperienza e/o un master. Questo è vero, ma solo in parte, i Manager ed Hrm ‘non profit’ pressochè all’unanimità ci dicono che: “Per i profili Junior, anche quando nella Job Description si scrive ‘minimo 3 anni di esperienza’, poi spesso si preferiscono persone meno competenti magari ma che abbiano un profilo a 360 gradi, guardando maggiormente alle soft skills piuttosto che alle hard skills. Non c’è rigidità per quanto concerne l’esperienza minima pregressa.” E’ così da sempre.

Sul tema delle qualità (umane e professionali) per lavorare nel non profit potete andare a rivedere alcuni altri miei post precedenti (non avete che da scegliere, ce ne sono per tutte le taglie e per tutte le età!). Per seguire il nostro progetto ‘Working4’ sul lavoro nelle ong ed il dibattito tra gli Hrm del settore su Blog4Change , potete partire dal post del collega Zeno Filippi di Amnesty International. Ringrazio con l’occasione i collaboratori Career Service della Social Change School, Dora Lisa Mercurio, Cinzia D’Intino, Federico Atzori, Elena Quaglia-Faccio, Sophia Crescenzi, Ida Meglio, ed ai colleghi Hrm che hanno aderito al progetto ‘Working4’.

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