Sono la vera forza del Paese, altro che enti inutili. Sei milioni di imprese versano un obolo di almeno 40 euro come “contributo obbligatorio” alle Camere di Commercio d’Italia. Oltre 400 milioni di euro l’anno, ma sono soldi ben spesi, perché alcuni servizi sono davvero “speciali”. Prendiamo ad esempio la società InfoCamere, il braccio tecnologico delle Camere di commercio. Tra i suoi 700 dipendenti c’era chi si premurava di portare la moglie del direttore generale dal dentista o di scarrozzarne i figli a scuola con l’auto aziendale e nell’orario di servizio. Anche il “lavoro fuori sede” era gradito, soprattutto se si trattava di seguire le pulizie della sua villa al mare. Sono gli stessi dipendenti-stakanovisti a raccontarlo: “Nel garage di Infocamere sono custoditi beni personali del dottor Zappalà e inoltre so che i mobili del direttore ivi riposti sono stati restaurati/imbiancati da personale di Infocamere”. A godere di tanta attenzione era Valerio Zappalà, che dopo quattro anni di direzione ha dovuto lasciare InfoCamere nel giugno 2014, perché “pizzicato” ad usare per sé e per i familiari personale e mezzi della società. Condotte segnalate tempo fa dagli stessi vertici di Infocamere alla Procura di Roma, che sul caso ha aperto un’indagine a carico del manager per peculato, abuso d’ufficio e truffa. Nel frattempo però l’indagato è rimasto nella galassia degli enti camerali anche grazie al legame con il potente ex segretario della Camera di Commercio di Milano e gran collezionista di poltrone Pier Andrea Chevallard che in Infocamere – per altro – era fino a pochi giorni fa il presidente del collegio sindacale. Una posizione da cui sembra aver perdonato diverse cose a Zappalà, che se n’è andato via sì, ma senza disonore, con in tasca oltre 350mila euro e la possibilità di continuare a ricoprire ruoli di primo piano nella rete camerale, con tanto di consulenza super pagata.

Dai mobili al dentista. La vicenda Zappalà
Seguire la vicenda Zappalà consente di vedere da vicino cosa succeda nelle Camere di Commercio: quella tassa sull’impresa che agli italiani costa tanto nelle tasche di chi va? Porta servizi o anche sprechi e privilegi? Zappalà-story, dunque. Le sue condotte, prima segnalate da lettere anonime, vengono confermate dalle testimonianze di quattro dipendenti raccolte dal presidente di Infocamere ed ex presidente della Camera di Commercio di Roma, Giancarlo Cremonesi. Ma sarebbe inesatto dire che Zappalà sia stato “cacciato” perché beccato con le mani nella marmellata. “Non permettetevi di dirlo”, è la sua reazione al telefono. E in effetti, dopo una rapida indagine interna, viene acquisito il parere di un legale che sottolinea opportunità e rischi di un licenziamento in tronco, soprattutto nel caso in cui Zappalà decida di motivare davanti a un giudice le spese come benefit e prassi aziendali. Così il 30 giugno 2014 lo stesso Cremonesi firma un accordo di risoluzione del rapporto di lavoro alquanto singolare. Formalmente prevede che Zappalà restituisca 24mila euro, a titolo di rimborso per l’utilizzo improprio di risorse aziendali (personale, auto e Telepass) e di alcuni versamenti che Infocamere ha fatto a un circolo canottieri, per oltre 11mila euro in tre anni. In cambio a Zappalà viene consentito di precisare nero su bianco “di aver agito con correttezza e buona fede e di aver chiarito sotto ogni aspetto la legittimità del suo comportamento”. Fin qui sono spiccioli e parole. Il ravvedimento preteso da Zappalà infatti resta di gran lunga inferiore alla somma che la società pubblica, “anche al fine di evitare i costi e l’alea di un eventuale giudizio”, è disposta a mettergli in tasca perché lasci l’incarico: 266mila euro, pari al suo costo aziendale di 5 mensilità e mezzo, come incentivazione all’esodo, più 93mila euro per il patto di non concorrenza.

La poltrona sempre pronta
A Zappalà, poi, nemmeno è toccato di lasciare per davvero la grande famiglia degli enti camerali. L’accordo di risoluzione del contratto stabiliva che il direttore si dimettesse “da ogni incarico ricoperto in società controllate o comunque collegate con Infocamere”. Ma le Camere di Commercio, attraverso Tecno Holding spa, controllano anche altre società, e qui Zappalà continua ad avere le sue poltrone. Come in Tecnoinvestimenti, dove ha una consulenza da 150mila euro, e Orizzonte sgr, la società del sistema camerale che gestisce fondi di investimento di cui Zappalà è vicepresidente. E chi benedice il tutto? Gli stessi che avevano “giudicato” Zappalà in versione InfoCamere: Cremonesi, consigliere di Tecno Holding, e Chevallard, amministratore delegato di Tecno Holding e di Tecnoinvestimenti. Il primo contattato al telefono non vuole dare alcuna spiegazione. Il secondo motiva invece così le sue decisioni: “La risoluzione del contratto di Zappala è stata consensuale e dettata dal clima ormai compromesso in azienda in seguito alle accuse contenute in alcune lettere anonime, che poi si sono rivelate infondate. A mio giudizio è un ottimo manager, molto corretto, ma sono pronto a ricredermi e fare mea culpa se l’indagine della Procura evidenzierà altro”.

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