Piccolo prologo, tipo i vecchi Topolino. Alice Paba, segnatevi questo nome. Alice Paba meriterebbe di vincere la quarta edizione di The Voice of Italy e da lì partire per una interessante carriera. Lo dico ora. Bene, possiamo partire con l’episodio vero e proprio. The Voice è un nome importante. Forse pure troppo. Impegnativo, sottintende cose, alimenta aspettative. Uno guarda un programma tv che viene venduto come talent, che il neo-direttore Rai, Ilaria Dallatana (ribattezzata Ilaria Bignardi, durante la conferenza stampa di lancio, dal dirigente Rai incaricato di seguire il programma in questione, o forse ex dirigente Rai, chissà), dichiara essere un programma incentrato sulla musica, un programma la cui mission è cercare la più bella voce italiana e si immagina di assistere a qualcosa che sia incentrato sulla voce e sulla musica.

Del resto il partner de La Talpa, in Italia rappresentata da Toro, in questa avventura targata Rai, è la Universal Music Italia, qualcosa vorrà pur dire. Invece quello che abbiamo visto fin qui, nelle tre edizioni precedenti, e nei circa due mesi di eliminatorie presentate in registrata, è stato uno show incentrato prevalentemente, se non esclusivamente sullo storytelling dei coach. Dolcenera, in primis, ricordate?, No Dolcenera No Party, poi Max Pezzali, Emis Killa e Raffaella Carrà, in ordine di resa. Di voci, va detto, ne abbiamo sentite un fottio, oltre duecento, ma solo una c’è rimasta impressa. O meglio, impresse ce ne sono rimaste anche altre, comprese alcune di quelle dei concorrenti finiti loro malgrado nella parte dei live, partita ieri sera, ma solo una ci è parsa rilevante, capace di avere un futuro in discografia, insomma, un talento. Alice Paba, già l’ho detto, ma ne parleremo in seguito, però, perché ora va detto altro.

Va detto che The Voice, giunto alla quarta edizione, non ha fin qui prodotto nulla di rilevante, a livello discografico. Unico vincitore rimasto nell’immaginario è Suor Cristina, non certo per la voce né per le vendite. Unico talento uscito e riconosciuto come tale Chiara Dello Iacovo, che però The Voice ha perso per strada, quindi non esattamente un prodotto coerente col programma. Per il resto niente. Questo, si può azzardare, perché, a differenza degli altri programmi, qui si è provato a inseguire davvero i talenti, non trovandone. Mi spiego. A differenza di X Factor, che ha come major di riferimento la Sony Italia, The Voice non ha subito nel corso del tempo le pressioni e anche i giochetti messi in atto dalla major di turno, la Universal. Lì, nel programma Sky, è evidente come ci sia un progetto dietro e come il programma altro non sia che lo scivolo per testare prodotti già scelti in precedenza. Di più, lì è più che evidente che c’è un team di riferimento, discografici, autori e produttori, che lavorano all’unisono, spesso fottendosene dei concorrenti e provando a creare un indotto, ma comunque all’unisono.

Risultato, non è che X Factor sia andato molto meglio, dalle tante edizioni fatte fin qui è rimasto poco o nulla, e spesso per accanimento terapeutico più che per talento, ma almeno hanno dato la parvenza di avere per le mani un programma che gira, musicale. A The Voice, invece, la Universal, è evidente, non fa pressioni. Non ne ha bisogno, perché è la major con gli artisti più rilevanti, a livello di mercato, quindi si limita a fare il suo, guardare e, in caso, intercettare. Come se tutto questo potesse filare via liscio. Così non è. Perché alla produzione tv, dei talenti e della musica, non interessa nulla. Se qualcosa di buono arriva, sta ai coach intercettarlo e curarselo, e quindi portarlo nel programma e quindi all’attenzione della Universal. Alla produzione tv interessa il programma, con buona pace dei concorrenti. Lo avevamo già detto, escono solo i coach. Non a caso, durante la conferenza stampa di presentazione dei live, a mia precisa domanda, non hanno saputo esattamente cosa rispondere riguardo il futuro discografico dei concorrenti, azzardando un “faranno un singolo a testa i finalisti,” ha detto Pasquale Romano, “e poi un album il vincitore”.

Buono a sapersi, chissà se è esattamente quello che ha in mente la Universal. Universal, ho notato, che era assente dalla conferenza stampa. Universal che è stata tenuta fuori anche dalla conferenza stampa, come si è evinto sempre da una mia domanda che chiedeva ragione della loro assenza nel parterre. La major lavorerà all’album del vincitore, questo sì, ma il vero problema di The Voice rimane che, se a scegliere un talento deve essere una squadra anche sparuta di autori tv, beh, c’è solo da mettersi le mani nei capelli. Veniamo però al talento intercettato, perché un talento fortunatamente in questa edizione c’è, e va cullato, sostenuto, a questo punto, perché no? anche votato. La ragazza in questione si chiama, come detto, Alice Paba, diciannove anni, romana, e sembra la sola, in questa edizione, a bucare il video e ad avere un talento musicale. Sta nel team Dolcenera, che presenta anche l’altro ipotetico talento di questa annata, Joe Croci, un ragazzino di sedici anni con ciuffo e piglio blues. Sua sfiga, ma magari crescendo prenderà altre strade, chissà, è quella di pascolare in prati in cui pascolano già altri artisti di successo, leggi alla voce Ed Sheeran.

Perché cercarne un altro, quando c’è già l’originale? Perché questo è un po’ il nostro problema, di noi Italiani, che cerchiamo sempre il nuovo Qualcun Altro, e finiamo sempre per inseguire, laddove un tempo eravamo quelli che aprivano la strada. Ecco, Alice Paba, cantautrice, sembra una che potrebbe avere una strada tutta sua da percorrere. Non credo che gli autori de La Talpa se ne siano accorti, mentre sono sicuro che se ne saranno accorti gli uomini della Universal, non presenti fisicamente alla conferenza stampa, ma sicuramente ben attenti a seguire quel che passa da quelle parti. La sua versione di A mano a mano di Riccardo Cocciante, brano portato al successo da Rino Gaetano, ha convinto appieno, e considerando che Alice ha solo diciannove anni, e che di cantautrice e non semplice interprete si tratta, ha del miracoloso. Anche nel look, un mix tra Alice nel paese delle meraviglie versione Tim Burton e di Pippi Calzelunghe Alice ha bucato. Tutto quadra.

Il resto mi è parsa assai poca cosa. Interessante il bel ragazzo Elia Zambolin, ma più di faccia che di voce. Gli iWolf, interessanti come personaggi, ma non essendo noi a New York la vedo dura per loro. La Alò, con la sua voce da uomo, può funzionare forse in un singolo, non certo per un album intero. Poi il vuoto. Qualcuno ha cantato talmente male da indurci a ricorrere a sostanze psicotrope per sopravvivere, come la terapista calabrese, il tenorino stonato che ha ucciso di nuovo Elvis o la suora brasiliana (anche se la polemica teologica con Dolcenera meritava). Gli altri tra il bravino e il neutro, ma niente di interessante. Niente su cui investire. Almeno per ora. Per il resto tutto è filato come a ascoltare gli altri è stato un po’ come andare a un concerto della Michielin, zzzzzzzz. Ecco, qui si è sempre sparato a zero sui talent e, tranquilli, si continuerà a farlo. Perché è una scorciatoia usata dalla discografia per sopperire alla mancanza di voglia di fare il proprio lavoro da parte di molti addetti ai lavori. Ma in questo caso ci sentiamo di fare un’eccezione. Noi votiamo Alice Paba, nella speranza che la Universal non se la faccia scappare. Noi siamo pronti a metterci del nostro per sostenerla. Qui si vota Alice Paba.

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