Alla fine è andata come da previsioni: l’aumento di capitale della Banca popolare di Vicenza è stato in gran parte sottoscritto dal fondo Atlante che si ritrova ad avere oltre il 90% delle azioni per un investimento complessivo di 1,35 miliardi di euro. I vecchi soci della banca, scottati dalla perdita pressoché totale del loro capitale, hanno sostanzialmente disertato l’operazione: alla fine su quasi 120mila azionisti solo in 5mila hanno sottoscritto l’aumento per un importo totale di circa 37,5 milioni di euro, pari al 2,5% del capitale. Pressoché assenti anche gli investitori istituzionali, le cui richieste si sono fermate al 6,5% del capitale per un esborso complessivo che non arriva a 100 milioni di euro.

Peggio di così era difficile fare ed è altamente improbabile che con un flottante così ridotto (sotto il 10%) lunedì Borsa Italiana possa dare il via libera alla quotazione della banca, anche se in taluni casi sono previste delle deroghe al requisito minimo del 25%.

La prospettiva che la Popolare di Vicenza non approdi a Piazza Affari, tuttavia, non sembra preoccupare più di tanto il fondo Atlante, che aveva previsto questa possibilità impegnandosi a coprire l’aumento di capitale fino a un massimo di 1,5 miliardi di euro anche nel caso in cui saltasse la quotazione. Alessandro Penati, presidente di Quaestio sgr, nella conferenza stampa di presentazione del fondo ha sottolineato che le possibili alternative alla Borsa sono tante: si può “vendere la banca, fonderla, spezzettarla” o, una volta ristrutturata, si può “fare una Ipo a un prezzo più alto” dei 10 centesimi di euro attuali.

E ancora, sempre Penati, ha poi aggiunto che “per la ristrutturazione di una banca ci vogliono 3 anni, ma io conto di riuscirci anche in 18 mesi”. Affermazioni che, a prescindere da ogni considerazione sul merito, aprono un problema gigantesco sulla governance dell’istituto vicentino. Sarà Atlante, dall’alto del suo 90%, a dettare le strategie alla banca come lasciano intendere le affermazioni di Penati? E se così sarà, che ne è stato dell’impegno (scritto peraltro nel regolamento) a non assumere alcun ruolo di direzione e coordinamento sulle banche partecipate, né a sottoporle a direzione unitaria? Chi governerà la banca?

La Popolare di Vicenza dovrà convocare al più presto un’assemblea per il rinnovo del consiglio d’amministrazione e del collegio sindacale e Quaestio sgr ha assunto l’impegno formale a votare “sulla nomina degli amministratori, attenendosi a stringenti criteri di indipendenza”. Dunque di chi saranno espressione gli amministratori esecutivi, posto che Atlante controlla oltre il 90% del capitale? Sarà la Bce a sceglierli o saranno i soci di minoranza vicentini, o il caso? Sono domande che al momento non trovano alcuna risposta e che rendono bene l’idea di quanti nodi occorrerà sciogliere nel post-intervento di Atlante. La priorità, infatti, era quella di evitare un disastroso bail-in con le sue ricadute sistemiche (la Vicenza è pur sempre la decima banca italiana) e sul territorio, rimandando al poi tutte le altre questioni. La matassa però pare molto intricata e tra i numerosi rischi c’è anche quello di creare dei pericolosi precedenti.

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