“Il Parlamento ci dà ragione su tutta la linea dimostrando che la posizione presa da oltre 78mila cittadini firmatari della petizione è corretta e deve essere accolta dall’esecutivo. Ora che anche le Commissioni hanno lanciato un segnale forte per la modifica del decreto trasparenza, il governo non ha più scuse: questo Foia va cambiato!”. Federico Anghelé di Riparte il futuro – movimento promosso da Libera e Gruppo Abele – commenta i rilievi delle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato intorno al decreto Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, che ora tornerà in Consiglio dei ministri. Il testo rappresenta il Freedom of Information Act italiano, che sancisce il diritto di chiunque di accedere a dati, informazioni o documenti in possesso della pubblica amministrazione. E, in ogni caso, Riparte il futuro assicura di volere continuare “a raccogliere firme e consenso finché non leggeremo le modifiche nero su bianco”.

Le Commissioni affari costituzionali e le richieste avanzate dalla rete Foia4Italy, costituita da oltre 30 associazioni della società civile, includono vari punti, dall’eliminazione del silenzio-rigetto fino all’individuazione di un unico ufficio dove inoltrare le richieste. Eccoli:

•Obbligo, per chi richiede l’accesso, di definire “chiaramente” i documenti, si concorda sulla necessità di sopprimere la parola “chiaramente”. Il richiedente non può essere vincolato a conoscere dove si trovano gli atti.
•Confermata la necessità di “limitare la previsione del rimborso a carico del cittadino al solo recupero, comunque da giustificare, dei costi effettivamente sostenuti per l’eventuale riproduzione su supporti materiali”;
•Deve essere sostituita l’ipotesi di silenzio-rigetto, che solleva l’amministrazione dall’obbligo di giustificare una mancata risposta.
•Occorre prevedere un rimedio amministrativo ulteriore rispetto al semplice ricorso al Tar per chiedere conto di una mancata risposta da parte delle amministrazioni.
•Per quanto riguarda il proliferare delle eccezioni all’accesso, il Parlamento di fatto rimanda ad Anac, a cui spetterebbe il compito di definire linee guida per le Pubbliche amministrazioni deputate ad applicare il Foia.
•Evitare sovrapposizioni con la precedente regolamentazione dell’accesso civico “così da delimitare, nel modo più chiaro possibile, ambiti, limiti e discipline delle due fattispecie”.
•Evitare la moltiplicazione degli uffici cui rivolgersi, individuandone uno soltanto, così da favorire la chiarezza delle procedure.
•Specificare ulteriormente l’obbligo di collaborazione tra le amministrazioni nel caso in cui le domande giungano ad uffici diversi da quelli che detengono i dati e le informazioni richieste.

Approvato in via preliminare a gennaio 2016, il testo del dl- che fa parte della riforma della Pubblica amministrazione – ha suscitato in questi mesi anche le critiche di Anac e del Consiglio di Stato. Se Renzi si è detto disponibile ad accogliere le modifiche, il ministro Marianna Madia, via Facebook, è sembrata disposta a fare un passo indietro solo sul tema del silenzio-diniego, che solleverebbe le amministrazioni dall’obbligo di motivare la mancata risposta, e alla necessità di istituire soluzioni alternative al solo ricorso al Tar.

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