Raffaele Di Maggio, un ragazzo disabile, è il 15enne più veloce della storia d’Italia. Corre forte e corre tanto perché “è la cosa che mi piace di più e che so fare meglio”, dice con semplicità. Corre un po’ di tutto, dalla campestre al mezzofondo allo sprint puro che gli ha già regalato tante soddisfazioni, in particolare i 60 metri. Piani, senza ostacoli, perché quelli non gli sono mancati nella vita: dalla nascita è affetto da un deficit intellettivo-relazionale, a cui si somma una forte dislessia. Legge e scrive con difficoltà, è goffo e scoordinato in alcuni movimenti. Ma a correre è il più bravo di tutti. Un piccolo Forrest Gump italiano. Lo scorso 16 marzo ha vinto i campionati del mondo sui 60 metri Inas, riservati alle persone con disabilità intellettiva. Il suo tempo (7 secondi e 11 centesimi), però, aveva qualcosa di straordinario: è il miglior crono di sempre fatto segnare da un atleta azzurro a livello giovanile.

La storia del ragazzo disabile che corre tra i paralimpici ma batte i record nazionali dei normodotati nasce in Sicilia, in una scuola media in provincia di Palermo. Il merito è anche di Orazio Scarpa, professore di educazione fisica e insegnante di sostegno, allenatore e punto di riferimento. Nell’istituto comprensivo Carini-Calderona-Torretta dove lavora, nel settembre 2013 si ritrova in classe Raffaele. Uno dei tanti studenti disabili della scuola italiana, ce ne sono oltre 230mila in tutto il Paese. Lui non è un caso particolarmente problematico: ha un deficit intellettivo-relazionale lieve, oltre a una dislessia molto accentuata che lo rallenta nell’apprendimento. Memoria limitata, disorientamento nella lettura e nella comprensione di testi anche non complessi, scarsa capacità di concentrazione sono le principali manifestazioni della disabilità. Senza disturbi più gravi, non è aggressivo né violento con insegnanti e compagni. È semplicemente un ragazzino triste: “Era molto demotivato, sempre in disparte. A scuola lo avevano accettato di buon grado, ma lui sentiva addosso il marchio della diversità”, racconta il suo insegnante. “Non riuscire a fare nulla, essere l’ultima ruota del carro aveva distrutto la sua autostima. Non aveva stimoli e questo si ripercuoteva anche nel rapporto con gli altri: chiuso in se stesso, faticava a socializzare”. Poi lo sport ha cambiato tutto.

La svolta avviene quasi per caso. “Un giorno – ricorda Scarpa – l’ho portato in palestra, per svagarsi un po’. Era goffo nei movimenti, non riusciva a palleggiare col pallone, però mi sono accorto che aveva una grande potenza di corsa. Così abbiamo cominciato a farlo spesso: pensavo che lo sport potesse aiutarlo, non immaginavo certo che saremmo arrivati a questi livelli”. Ovvero l’eccellenza dell’atletica italiana giovanile. Nel 2015 Di Maggio ha vinto i Giochi studenteschi nazionali. È anche il successo a cui è più legato Raffaele, 15 anni da compiere il prossimo 23 giugno: “È stata la mia gara più bella, non me l’aspettavo proprio di poter arrivare davanti a tutti. È successo così, all’improvviso”, spiega a ilfattoquotidiano.it, emozionato, un po’ impacciato ma contento. Poi progressi continui, fino all’exploit di marzo 2016: il titolo mondiale sui 60 metri fra i paralimpici, a 14 anni contro adulti già formati (il secondo classificato, il francese Massianga, ne aveva 10 in più). Soprattutto, però, quell’incredibile crono di 7”11 che vale il record italiano assoluto cadetti (categoria riservata ai ragazzi di 14 e 15 anni dove ancora non si corrono i 100 metri; il precedente resisteva dal 2009, nda).

È difficile capire come un ragazzino che ha problemi di coordinazione possa correre più veloce di coetanei normodotati già avviati sulla strada dell’agonismo. “La corsa è il gesto atletico più semplice, un prerequisito di base, qualcosa di innato”, prova a spiegare il suo tecnico. “E poi Raffaele è speciale”. Anche quando corre è un po’ sgraziato: “Si nota meno nello sprint e di più su distanze maggiori, come il mezzofondo”. È uno dei tanti margini di miglioramento su cui lavorare: “Infatti io gli faccio fare più discipline possibili: ad aprile parteciperà ai campionati di corsa campestre, credo che possa fargli bene. Anche perché, nonostante i risultati eccezionali sui 60 metri, sono convinto che lui non sia uno sprinter puro: è presto per specializzarsi, ma la sua gara potrebbero essere i 200 o i 400 metri, oltre alla potenza ha anche grandi capacità di resistenza”.

Il futuro, infatti, è ancora tutto da scrivere. L’atletica lo ha già aiutato tanto nella sua crescita umana: “Viaggiare, vedere gente e posti nuovi gli è servito per aprirsi”, spiega Scarpa. “E soprattutto sentendosi finalmente valorizzato è riuscito a prendere consapevolezza e fare i conti con la sua condizione: ha capito di essere diversamente abile”. “In tante cose vado piano, ma nella corsa sono io il più bravo”, dice ora. Anche dal punto di vista sportivo potrebbero aprirsi scenari importanti. Per lui sono stati scomodati paragoni illustri. Quello con Pietro Mennea, il più grande atleta italiano di sempre, che è anche l’idolo di Raffaele. O Forrest Gump, il famoso protagonista del film premio Oscar, che correva più veloce di tutti nonostante il deficit intellettivo che segna nel bene e nel male la sua vita. “Come lui Raffaele fa le cose con una spontaneità disarmante. E fa cose eccezionali”. A fine marzo è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale, parte della delegazione di atleti paralimpici capeggiata da Nicole Orlando. Per la mamma e tutta la famiglia – provata da mille difficoltà (anche la sorella è affetta da una grave disabilità psico-motoria) e da sempre dedita ai figli – è stata una grande gioia, dopo anni di sofferenze e sacrifici.

Il prossimo passo potrebbe essere la nazionale: “Vestire quella maglia sarebbe bellissimo”, confessa lui. I tecnici della Fidal lo seguono, non potrebbe essere altrimenti per uno dei primatisti nazionali di categoria. È una delle tante promesse per la piccola Italia dell’atletica leggera, in cerca di rinascita. “Dipenderà da mille cose”, si mantiene prudente il suo allenatore. “Lo sviluppo (è alto 1,72 m e si spera possa crescere ancora), un pizzico di buona sorte, gli infortuni: ha qualche problema posturale che con l’aumentare dei carichi potrebbe dargli fastidio, la Federazione sta investendo tanto per garantirgli controlli e salute”. Per adesso continuerà allenamenti e gare in Sicilia, “perché il suo percorso personale e la serenità mentale sono al primo posto”. Dopo aver ripetuto la terza media si è già iscritto per il prossimo anno all’istituto agrario. Come il papà giardiniere ha il pollice verde e la passione per la natura. Ma più forte ancora è quella per la corsa: “Nella vita vorrei fare l’atleta seriamente, magari in nazionale, magari alle Olimpiadi“, dice sorridendo, con la sua cadenza siciliana. E forse non è un sogno impossibile.

Twitter: @lVendemiale

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