Barack Obama in un articolo sul britannico Daily Telegraph ribadisce la sua contrarietà all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, la cosiddetta Brexit. Per tutta risposta il sindaco della capitale inglese Boris Johnson, non nuovo ad uscite scomposte, arriva a suggerire che il presidente americano, forse per il suo essere “mezzo keniota“, nutra sentimenti non in sintonia con quelli del popolo britannico. Il primo cittadino conservatore parla al The Sun e definisce l’appello pro Ue del presidente Usa come “incoerente, inconsistente e assolutamente ipocrita” poiché gli Stati Uniti chiedono alla Gran Bretagna di restare nell’Ue ma non cederebbero mai il controllo di così tanta della loro democrazia come ha fatto il Regno Unito con Bruxelles. Il riferimento alle origini del presidente Usa scatenano subito le polemiche. In prima linea il Labour, che definisce le parole del sindaco come “offensive e razziste“.

Johnson utilizza poi il celebre slogan elettorale di Obama, “Yes we can”, ma piegandolo alla campagna referendaria degli euroscettici e affermando che il Paese “può riprendersi il controllo dei suoi confini, del suo denaro e del suo sistema di governo”. Poi rispolvera una vecchia polemica secondo la quale Obama, appena arrivato alla Casa Bianca, avrebbe restituito il busto di Wiston Churchill all’ambasciata britannica a Washington. “Nessuno ha saputo con certezza se il presidente fosse personalmente coinvolto nella decisione – scrive il conservatore schierato con il fronte del ‘sì’ all’uscita del Regno Unito dalla Ue – alcuni dissero che era uno sgarbo alla Gran Bretagna, altri che era il simbolo dell’antipatia ancestrale del presidente in parte keniota per l’impero britannico, di cui Churchill fu un fervente difensore. Altri, infine, dissero che Churchill veniva considerato all’antica e fuori moda”. La storia della rimozione del busto di Churchill in realtà era stata smentita nel 2012 dal collaboratore di Obama Dan Pfeiffer che, nel blog della Casa Bianca, l’aveva liquidata come “falsa al 100%: il busto è ancora alla Casa Bianca, nella residenza, appena fuori la Sala dei Trattati”. E a fine giornata è lo stesso Obama a chiudere la polemica sullo statista: “Adoro Winston Churchill, un suo busto è nel mio ufficio privato”.

Le frasi del sindaco hanno subito innescato le reazioni dei laburisti. Per il deputato nero Chuka Umunna, i commenti di Johnson superano ogni limite e sono degni di Donald Trump, il candidato repubblicano alla Casa Bianca che più volte ha attaccato Obama proprio sulle sue origini. Il sindaco trova invece un ‘alleato’ nel leader dell’Ukip, Nigel Farage, secondo cui la presunta rimozione del busto sarebbe avvenuta nel primo giorno di Obama alla Casa Bianca, che a causa “di suo nonno, del Kenya e del colonialismo ha un po’ di astio nei confronti di questo Paese”.

Passando al piano politico, per Obama la permanenza del Regno Unito nell’Ue può essere “più efficace” contro il terrorismo. Questo il messaggio netto affidato al Daily Telegraph, con il quale il presidente cita anche i vantaggi economici del legame di Londra con Bruxelles e sottolinea l’interesse degli Usa al referendum britannico sull’Europa del 23 giugno. Obama, arrivato giovedì sera a Londra da Riad con la moglie Michelle, incontra la regina e poi il premier David Cameron, impegnato nella battaglia referendaria in favore dell’Ue contro una parte del suo stesso governo. Ma le attese sul tema Brexit sono sciolte fin da subito: il presidente si esprime a chiare lettere in un articolo sul Telegraph – testata vicina ai conservatori, profondamente divisi sul voto di giugno – che il giornale intitola in prima pagina così: “Obama: perché la Gran Bretagna deve restare in Europa”.

L’inquilino della Casa Bianca riconosce che spetta agli elettori del regno decidere sulla questione, ma rivendica il diritto a dire la sua – contestato dagli euroscettici – in nome del “profondo interesse degli Stati uniti” all’esito della consultazione di giugno. Poi, ricordando i soldati americani “sepolti nei cimiteri d’Europa“, sottolinea che la ‘relazione speciale’ fra Londra e Washington si fonda sul “sangue versato insieme sui campi di battaglia”. Retorica a parte, il suo parere sul referendum è espresso peraltro senza giri di parole. “L’Unione Europea – scrive nell’articolo sul Telegraph – non mitiga l’influenza britannica, la esalta. Un’Europa forte non minaccia la leadership globale della Gran Bretagna, la accresce”.

Soffermandosi quindi sui vantaggi della cooperazione fra Londra e Bruxelles, Obama afferma che il Regno Unito ne ha ricavato vantaggi significativi, in particolare economici. “Questo tipo di cooperazione, dalla condivisione delle informazioni d’intelligence e nell’anti-terrorismo agli accordi per creare lavoro e crescita economica, sarà di gran lunga più efficace”, insiste, se continuerà a essere “estesa attraverso l’Europa”. “Questo – sollecita Obama – è, per i nostri amici e alleati europei, il tempo di restare uniti”.

Obama ribadisce la sua posizione anche durante la conferenza stampa con Cameron. Gli Usa “vogliono che l’influenza britannica cresca, anche nella Ue”. “Non manipolo il voto e non voto io stesso: offro la mia opinione”, aggiunge. “In democrazia non bisogna aver paura” delle opinioni. Obama “è un uomo che dà saggi consigli ed è un grande amico”, dice il premier David Cameron in un incontro stampa a Londra con il presidente Usa Obama, senza citare esplicitamente la Brexit ma parlando più in generale anche dell’Europa.

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