Quattro medici agli arresti domiciliari, altri sei interdetti per 12 mesi dalla professione e la stessa misura è stata applicata anche a un’ostetrica. Terremoto agli ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Il blitz del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza è scattato stamattina all’alba quando i militari hanno notificato ai medici e al personale sanitario dell’ospedale l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonino Laganà su richiesta dei sostituti procuratori Roberto Di Palma e Annamaria Frustaci.

L’inchiesta ha riguardato i reparti di Ostetricia e Ginecologia, di Neonatologia e di Anestesia dell’azienda ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli”. Con le misure cautelari, i magistrati contestano i reati di falso ideologico e materiale, di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri nonché di interruzione della gravidanza senza consenso della donna. 

L’inchiesta “Mala sanitas”, iniziata un paio di anni fa, è sicuramente più ampia in quanto i pm ipotizzano addirittura un’associazione a delinquere finalizzata a commettere una serie di reati tra cui la manipolazione delle cartelle cliniche relative alle pazienti (che si sottoponevano a interventi ginecologici) e ai neonati al fine di occultare le responsabilità dell’équipe medica che aveva preso parte ai singoli interventi.

Tra gli arrestati anche l’ex primario Pasquale Vadalà e il suo facente funzioni Alessandro Tripodi, mentre altri medici sono indagati e ancora in servizio. Stando all’inchiesta, condotta dagli uomini del colonnello Alessandro Barbera e dei comandanti del Nucleo Luca Cioffi e Domenico Napolitano, agli ospedali Riuniti c’era “un sistema di copertura illecito, condiviso dall’intero apparato sanitario, che è stato attuato in occasione di errori medici”. Un sistema entrato in azione quando “le cose non sono andate come dovevano andare”.

Nel dettaglio, gli episodi di malasanità accertati dalle Fiamme gialle hanno riguardato il decesso (in due distinti casi) di due neonati, le irreversibili lesioni di un altro bambino dichiarato invalido al 100%, i traumi e le crisi epilettiche e miocloniche di una partoriente. Nell’inchiesta è finito anche il procurato aborto di una donna non consenziente nonché – scrivono gli investigatori – le lacerazioni strutturali ed endemiche di parti intime e connotative di altre pazienti”.

Nel fascicolo dell’indagine sono finite anche alcune telefonate intercettate nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia su alcuni soggetti gravitanti nell’orbita della cosca De Stefano. In particolare si tratta delle conversazioni registrate dall’utenza dell’ex primario facente funzioni Alessandro Tripodi, nipote di Giorgio De Stefano recentemente arrestato nell’inchiesta “Sistema Reggio”.

Riascoltando, a distanza di alcuni anni, quelle telefonate i pm Di Palma e Frustaci hanno evidenziato come emergevano numerosi episodi di malasanità. Secondo gli inquirenti, dall’inchiesta emerge “l’esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di ‘assoluta freddezza e indifferenza’ verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata ‘a salvare gli altri’ e non se stessi”.

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