Oggi si vota. Magari chi si informa (si fa per dire) su Rai e Mediaset non se n’è accorto. Ma oggi, dalle 7 alle 23, gli italiani sono chiamati alle urne per decidere su una questione importante. In sintesi, la posta in palio è questa. Vota Sì chi vuole abolire la norma che permette alle compagnie petrolifere di prorogare le concessioni per estrarre gas e petrolio in mare entro le 12 miglia dalla costa finché il giacimento si sarà esaurito. Vota No o si astiene, come da diktat governativo, chi vuole che i petrolieri possano fare i loro comodi in eterno, estraendo un po’ meno della soglia minima per non pagare le royalty.

referendum 675

Grazie al movimento No Triv e alle nove Regioni che han promosso i referendum (i quesiti erano 6), governo e Parlamento hanno già dovuto restituire i poteri agli enti regionali, eliminando così 5 quesiti. Ma non potevano scontentare del tutto la Superlobby: infatti hanno vietato le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi in mare entro 12 miglia dalla costa, nonché le nuove concessioni per altre trivellazioni; ma hanno previsto che “i titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento”. E così il sesto quesito è rimasto.
Se oggi vince il Sì, sparisce la parte della norma “per la durata di vita utile del giacimento”: cioè si bloccano le proroghe, cancellando le trivelle entro le 12 miglia dalle nostre coste di qui al 2034.
Nel frattempo, anziché andare a rilento estraendo poco petrolio alla volta per secoli, le compagnie dovranno affrettarsi a svuotare i giacimenti, aumentando la quantità estratta e quindi le royalty da pagare.

Se vince il No o non si raggiunge il quorum, la legge resta com’è e i petrolieri potranno ottenere proroghe anche fino a 50 anni, continuando a risparmiare sulle royalty andando al rallenty. E l’Italia rischierà l’ennesima procedura d’infrazione europea, perché a estrarre petrolio e gas vicino alle spiagge potrebbero essere, senza limiti di tempo, solo le compagnie già presenti e non quelle concorrenti. La propaganda terroristica del governo e della lobby petrolifera paventa danni terribili al rifornimento energetico nazionale. Balle: nelle 12 miglia si produce il 3% del fabbisogno nazionale di gas e l’1% di petrolio. Anche gli 11 mila posti di lavoro a rischio sono una frottola: sulle piattaforme interessate dal referendum lavorano appena 100 persone e gli addetti del settore petrolifero sono meno di 5 mila (compreso l’indotto). Chiudere, smantellare e bonificare le piattaforme in mare darebbe più lavoro di quanto ne dia tenerle aperte. E si scongiurerebbe il rischio ambientale, oggi altissimo. Le cozze attaccate alle piattaforme sono perlopiù imbottite di veleni chimici. E gli impianti esistenti sono vecchi e poco sicuri, tantopiù che il Mediterraneo è un mare senza sbocchi nè ricambi d’acqua in caso di fughe di petrolio.

Per queste ragioni di merito, con buona pace di Giorgio Napolitano che parla di “referendum pretestuoso”, il Fatto quotidiano si è schierato dalla parte del Sì. Ma è per una questione di principio che invitiamo i nostri amici e lettori ad andare comunque a votare, anche per il No. E non tanto perché il voto sia un dovere sancito dalla Costituzione (ci sono stati, in passato, referendum inutili o dannosi che non meritavano neppure la perdita di tempo). La questione di principio deriva dalla martellante campagna di sabotaggio ingaggiata dal presidente del Consiglio, che non ha precedenti (quando Craxi, nel 1991, invitò gli italiani ad “andare al mare” nel giorno del referendum elettorale, non era premier). Ed è aggravata dall’appello al non voto – anch’esso del tutto inedito – del presidente emerito Napolitano, che solo cinque anni fa definiva “un dovere” votare ai referendum.

L’invasione di campo di due figure così influenti, che hanno deciso di politicizzare un referendum tecnico tentando di appropriarsi di un classico strumento di contestazione o di indifferenza qual è l’astensionismo, è un motivo in più per far sentire la nostra voce. Il quorum è un obiettivo difficilissimo, ma non impossibile. Chi può vada al seggio già in mattinata, così da alzare il più possibile il dato dell’affluenza a mezzogiorno. Se a quell’ora si dovesse superare il 20%, l’effetto-traino potrebbe propiziare il miracolo. Dando la sveglia ai soliti dormiglioni che non votano “perché tanto è inutile”. E non si accorgono di giocare per chi pensano di danneggiare, facendosi del male da soli.

Da Il Fatto Quotidiano di domenica 17 aprile 2016

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