“Non so cosa direbbe Vittorio oggi. Però davanti al dramma dei profughi e di questa Europa chiusa e impaurita, non posso non ricordare le parole che lui pronunciò nel 2009: ‘Io non credo nei confini, nella barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini, dalle longitudini a una stessa famiglia che è la famiglia umana‘. Sono parole che ogni nazione, ogni capo di stato, chiunque prenda decisioni rispetto ai confini, anche ai nostri confini europei, dovrebbe tenersi davanti”.

A parlare così è Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni, il volontario e attivista rapito e ucciso a Gaza nella notte fra il 14 e il 15 aprile di cinque anni fa: del suo omicidio fu accusata una
cellula salafita che esigeva la liberazione di uno sceicco detenuto da Hamas e altri militanti jihadisti. Cinque anni nei quali la figura e le parole di suo figlio hanno continuato a diffondersi e di cui lei stessa si è fatta portavoce. “Ho iniziato ad essere chiamata subito dopo la morte di Vittorio – racconta la signora Beretta a IlFattoQuotidiano.it – poi, quando alla fine del 2012 è stato pubblicato il mio libro Il viaggio di Vittorio, gli inviti si sono moltiplicati. Mi chiamano associazioni, centri sociali, biblioteche, comuni e io vado, perché anche questo è un segno che Vittorio è ancora presente, c’è molta gente che ancora gli vuole bene. Ovunque, però, cerco non solo di raccontare Vittorio, ma anche di fare quello che lui farebbe se fosse ancora vivo: parlare della Palestina, perché Vittorio ha fatto la scelta radicale di mettersi a fianco degli indifesi, dei deboli, degli oppressi e si è compiuto come uomo proprio in Palestina”.

Racconta, mamma Egidia, anche della grande attenzione e delle tante domande che riceve sempre sulla scelta della nonviolenza, di come Vittorio, fin da bambino, avesse ben presente questa opzione, di come citasse spesso Martin Luther King. Sono soprattutto i ragazzi delle scuole a porle queste domande, ragazzi delle superiori ma anche delle medie, che la invitano perché racconti quello che può fare un ragazzo normale, quando fa la scelta di lasciare una vita comoda e dedicarsi agli altri. “Io narro anche tutti i viaggi che Vittorio ha fatto prima di arrivare in Palestina, che hanno contribuito a fargli prendere quella strada. Tutti i popoli, la gente che ha incontrato gli hanno donato ciascuno qualcosa, lo hanno reso più cosciente e responsabile, lo hanno aiutato a capire quale parte scegliere per essere un uomo vero, quale lui ambiva essere: Vittorio l’ha scelta senza tentennamenti ed è rimasto fedele fino alla fine, tra le minacce e le intimidazioni”.

Giornalista, Arrigoni chiudeva i suoi reportage dall’enclave palestinese con il motto “Stay Human“, “Restiamo umani”, messaggio chiave della sua esperienza. Era uno dei tanti giovani che dedicano energie e anni di vita agli altri. Uno dei tanti, eppure unico, perché non solo portava avanti una scelta netta e radicale, ma era in grado di parlarne, di raccontare; non solo testimoniava ciò che vedeva per farne una cronaca, ma ne scandagliava il senso, ci ragionava, prendeva posizione e la rendeva pubblica. Era diventato una voce. Una voce critica e puntuta, estremamente scomoda e molto ascoltata. Per questo dava fastidio. Arguto e chiaro, non faceva sconti a nessuno, ma mai il suo linguaggio anche duro eccedeva o cedeva alla violenza e all’insulto.

“La sua voce è una delle cose che mancano tantissimo – conferma la signora Beretta Arrigoni – non solo a me, ma a tanti. Aveva questo talento di saper trasfondere nella parola sia orale che scritta tutto ciò che vedeva, specie durante l’operazione Piombo Fuso (di cui Vik fu l’unico testimone italiano e uno dei pochissimi occidentali) e lo faceva con una pietà, un’empatia grandissima con le vittime, ma in modo molto rigoroso, indicando le responsabilità. È questo che ha scosso molte coscienze. Ci ha insegnato anche come leggere le informazioni che ci arrivano, a cercare di capire, a formarci una coscienza”.

Dei racconti puntuali, della penna arguta di Vittorio si è sentita la mancanza durante l’operazione Margine di difesa dell’estate 2014 a Gaza, o durante l’intifada dei coltelli: “Oggi Vittorio sarebbe deluso e amareggiato dalla situazione, le cronache non spiegano il contesto, il substrato, la ragione della rabbia che è esplosa. Lui ci avrebbe dato gli strumenti per leggere quella realtà”.

Cinque anni dopo Vik, un altro ragazzo italiano è rimasto ucciso in circostanze ancora misteriose in un Paese straniero, questa volta l’Egitto: Giulio Regeni. Due casi diversi, certo, ma nei quali profondamente differente è stato anche l’atteggiamento del governo italiano, silenzioso e assente cinque anni fa, mentre oggi professa la volontà di ottenere verità e giustizia. “Altre situazioni, altri contesti, altri interlocutori – commenta Egidia Beretta – con Hamas il nostro governo ha sempre rifiutato di confrontarsi perché è considerato un gruppo terroristico. Quello che mi fa soffrire a posteriori (in quei giorni era l’ultimo pensiero) è che al di là di tutto Vittorio era un concittadino, un figlio di questo nostro Paese. Forse non sarebbe cambiato nulla, o forse invece un po’ più di interessamento avrebbe dato un po’ di sollievo…”.

“Rispetto a Giulio Regeni – prosegue la signora Beretta, già sindaco per due mandati del suo comune, Bulciago (Lecco) – ho apprezzato molto l’intervento che ha fatto la sua mamma durante la conferenza stampa al senato, molto decisa, non propensa a nessun compromesso; ha fatto un scommessa con le nostre istituzioni, le ha invitate a essere coerenti fino in fondo ed è stata molto brava a metterle davanti a questo impegno. Forse lei avrà la verità. Forse. Quello che più dispiace di come si è conclusa la vicenda di Vittorio è che non sapremo mai la motivazione per cui è stato rapito e ucciso. Rimane la sua vita, per chi vuole seguirla. Come diceva Vittorio, Palestina è anche fuori dall’uscio di casa. Da lui si può imparare il rigore, la fedeltà alle proprie convinzioni, lo spendersi con generosità per i deboli e gli oppressi: lo può fare chiunque di noi in qualunque parte del mondo viva e in qualunque situazione”.

Articolo Precedente

Panama papers, il figlio di Abu Mazen tra i nomi e la dinastia palestinese alla deriva

next
Articolo Successivo

Panama Papers, si dimette il ministro dell’Industria spagnolo: Jose Manuel Soria

next