Un emendamento di Scelta civica alla legge di Stabilità 2016 ha salvato il leader di Ala Denis Verdini da contestazioni dell’Agenzia delle Entrate per un totale di 5 milioni di euro. Secondo Repubblica, infatti, la Commissione tributaria provinciale di Firenze ha accolto i ricorsi del senatore ex Forza Italia ed ex Pdl, ritenuto intermediario del Patto del Nazareno tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, contro avvisi di accertamento per evasioni di Ires, Iva, Irpef e Irap che gli erano stati notificati nel luglio 2014. Una data che fino allo scorso dicembre era perfettamente nei termini stabiliti dalla legge per questo tipo di contestazioni: fino a 10 anni nel caso in cui l’illecito configurasse un reato tributario e fosse stato notificato all’interessato entro il 31 dicembre 2014. E le violazioni commesse da Verdini, che secondo le Entrate si è reso responsabile di “una estesa frode funzionale all’arricchimento personale” suo e “dell’amministratore di fiducia Massimo Parisi”, sono state commesse tra il 2002 e il 2011.

Ma un emendamento alla manovra presentato lo scorso dicembre da quattro deputati del partito dell’allora sottosegretario e oggi viceministro all’Economia Enrico Zanetti ha disposto lo stop del raddoppio, stabilendo che se l’amministrazione fiscale non riesce a concludere le verifiche entro non più di quattro anni dalla presentazione della dichiarazione dei redditi falsata (cinque per i casi di dichiarazione omessa o nulla) l’evasore la fa franca.

Zanetti aveva definito la modifica dei decreti in materia di accertamento “un importante successo politico di Sc per una maggiore certezza del diritto nel rapporto tra fisco e contribuente”. Nel caso di Verdini, però, il risultato è stato appunto quello di far archiviare la contestazione, perché “i termini di decadenza dell’azione accertativa sono ormai irrimediabilmente perfezionati”, come si legge nella decisione della Commissione tributaria. Secondo il quotidiano romano, altre commissioni stanno assumendo decisioni analoghe sulla base di quella modifica voluta dal partito del viceministro. Risultato: “milioni su milioni” persi dall’erario.

Scelta Civica ha commentato “prendendo atto” dell’accaduto e rivendicando che l’emendamento è stato “votato, dopo una riformulazione che teneva conto di alcune osservazioni del governo e dell’Agenzia delle entrate, da tutta la maggioranza con parere favorevole del governo, senza alcuna polemica particolare allora e sino ad oggi da parte delle opposizioni“. Il partito scrive in una nota che la vicenda di Verdini “francamente nemmeno ci interessa, perché la nostra posizione sul raddoppio dei termini è sempre stata la stessa sin da quando si discuteva la legge delega nel 2013 durante il governo Letta. Troviamo a dir poco pretestuoso che una linea portata avanti alla luce del sole per anni, trasfusa in un emendamento votato in un clima sereno, dove c’era chi condivideva e chi no, ma nessuno che si stracciava le vesti, e rimasta per di più immune da polemiche particolari per mesi dopo la sua approvazione, divenga ora oggetto improvviso di chissà quali retroscena“.

Martedì 12 aprile Verdini è salito anche sul banco degli imputati al tribunale di Firenze nell’ambito del processo per il crac del Credito cooperativo fiorentino che lo vede imputato insieme ad altre 44 persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita, truffa e irregolarità rispetto alle normative bancarie.

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