Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha detto che intende puntare sugli accordi con i concessionari privati per stimolare gli investimenti nel settore autostradale. Sembra una facile idea quella di accrescere gli investimenti e la domanda senza costi per le finanze pubbliche. Assai più difficile è capire se verranno scelti investimenti prioritari per il Paese e con un buon rapporto tra benefici e costi per la collettività. Poiché sono le concessionarie che propongono quali investimenti fare è inevitabile che diano priorità a quelli che a loro più interessano, tipicamente per ottenere proroghe di concessioni senza gara. I concessionari, specie quelli che hanno già una rete sulla quale “spalmare” i costi, non corrono rischi perché i pedaggi vengono aumentati per assicurare loro comunque ottimi rendimenti sui nuovi capitali investiti, indipendentemente dall’utilità o redditività sociale degli investimenti. Più investono e più guadagnano.

Quale sia la redditività attesa dei nuovi investimenti non viene mai dichiarato. Se però, come ci dicono, è necessario aumentare i pedaggi ogni anno per coprire il costo degli investimenti significa che questi hanno una redditività (riconosciuta dai funzionari del ministero) ben inferiore al (generoso) tasso di remunerazione del capitale garantito alle concessionarie.

Ma chi tutela gli utenti e gli interessi generali del Paese? Gli incrementi di tariffa (e gli indennizzi spettanti a fine concessione) sono il risultato di calcoli complessi, contenuti nei piani finanziari elaborati dalle concessionarie stesse e verificati poi dai funzionari dell’Ispettorato, un organo del ministero che era prima una divisione dell’Anas. Le attese di redditività degli investimenti sono implicite in questi piani. Si tratta di lunghe tavolate di numeri la cui valutazione è impossibile anche per esperti che non abbiano le serie storiche e molto tempo da dedicarvi. Certamente non può farlo né un ministro né suoi collaboratori diretti.

Poiché i piani finanziari sono secretati, gli unici in grado di sollevare obiezioni ai piani elaborati dalle concessionarie sono i funzionari dell’Ispettorato. Un funzionario che sollevi obiezioni di sostanza sa però di perdere tutti i favori, diretti o indiretti, immediati o futuri, che ipoteticamente potrebbe ricevere dalle concessionarie, magari per incarichi a fine carriera. Inoltre rischia di attirarsi anche le antipatie dei colleghi che verrebbero criticati per la loro acquiescenza su quello o altri casi analoghi. Invece, se non solleva obiezioni nessuno potrà mai sindacarlo proprio perché i piani finanziari sono complessi e secretati. La tutela degli utenti in Italia è affidata alla speranza che l’Ispettorato sia pieno di eroi.

Quando presso il ministero dell’Economia c’era un nucleo di esperti (Nars) in grado di verificare questi piani finanziari, nel 2003 essi stimarono che le tariffe avrebbero dovuto essere del 20% più basse di quelle concordate tra Anas e società Autostrade, dissidio che venne superato facendo approvare l’accordo dell’Anas dal Parlamento.

Non meraviglia che le concessionarie abbiano mosso mari e monti prima per evitare che venisse costituita un’Autorità indipendente con sufficiente forza da contrastare le loro proposte tariffarie e poi per escludere la competenza della costituita Autorità dei Trasporti dalla verifica dei piani finanziari, che resta all’Ispettorato.

Se il ministro Delrio non vorrà passare alla storia per aver anch’egli contributo a perpetuare la scandalosa rendita del settore dovrebbe far valutare i piani finanziari all’Autorità dei Trasporti, sottoporre i nuovi investimenti del settore a un’analisi costi/benefici per selezionarne le priorità e rendere pubblici, per ogni nuova tratta, le previsioni di redditività finanziaria e di costo del capitale investito.

Di Giorgio Ragazzi

Da Il Fatto Quotidiano del 30/03/2016

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