E siamo a due! L’Italia è stata nuovamente condannata dal Comitato Europeo sui Diritti Sociali del Consiglio d’Europa per la mancata applicazione della legge 194. L’8 marzo del 2014 venne accolto il ricorso presentato dall’organizzazione internazionale non governativa International Planned Parenthood Federation European Networktato e dalla Laiga.

Aborto

Oggi è stata resa pubblica la decisione del Consiglio d’Europa che ha accolto il ricorso della Cgil sulla mancata a applicazione della legge 194 e sulle difficili condizioni lavorative del personale non obiettore. L’Italia è stata condannata per la violazione dell’articolo 11 della Carta sociale Europea che garantisce i diritti umani e la libertà nell’Unione europea. Il governo lo sapeva da almeno tre mesi perché la decisione risale all’ottobre del 2015 ma non ha tolto l’embargo sulla sua pubblicazione fino ad oggi. Nel novembre 2015, come nulla fosse, ha presentato al Parlamento la relazione annuale sullo stato di attuazione della legge 194/78 affermando che “riguardo l’esercizio dell’obiezione di coscienza e l’accesso ai servizi Ivg, si conferma quanto già osservato su base regionale e, per la prima volta, per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, anche su base sub-regionale: non emergono criticità nei servizi di Ivg”.

E’ del tutto evidente la distanza che separa le enunciazioni contenute nella relazione annuale del Ministero della Salute e la realtà evidenziata dai risultati della pronuncia del Comitato europeo che sostiene invece che la Cgil ha fornito un ampio numero di prove che dimostrano come il personale medico non obiettore affronti svantaggi diretti e indiretti, in termini di carico di lavoro, distribuzione degli incarichi, opportunità di carriera a causa della disorganizzazione degli ospedali e delle Regioni mentre le donne continuano ad avere difficile accesso alle Ivg a causa del personale medico non obiettore e che il governo italiano non ha fornito virtualmente nessuna prova che contraddica quanto sostenuto dal sindacato.

La ministra Lorenzin non appena la notizia è stata resa pubblica, è prontamente caduta dal pero ed ha commentato che si riserva di “approfondire con i suoi uffici”. E’ stupita perché dalle prime cose che ha letto le sembra si rifacciano a dati vecchi che risalgono al 2013. Il dato di oggi, secondo la ministra, sarebbe diverso. Eppure nel 2013 nella sua relazione sulla corretta applicazione della 194, sosteneva che andava tutto bene a dispetto delle relazioni della Laiga e delle tante testimonianze di donne ridotte ad episodi insignificanti.

Le istituzioni pubbliche italiane continuano ad avere palesi responsabilità nella lesione dell’effettivo esercizio del diritto alla protezione della salute che è tutelato dall’art. 11 della Carta sociale europea. Una norma disattesa dallo Stato italiano che continua a sottrarsi all’obbligo di adottare misure adeguate per eliminare per, quanto possibile, le cause di una salute deficitaria rendendo pienamente applicabile la legge 194. I dati sull’obiezione di coscienza continuano ad essere elevatissimi. In alcune regioni le percentuali di obiezione tra i ginecologi sono superiori all’80%: in Molise (93,3%), in Basilicata (90,2%), in Sicilia (87,6%), in Puglia (86,1%), in Campania (81,8%), nel Lazio e in Abruzzo (80,7%) e il rischio che le donne ricorrano all’aborto clandestino è elevato perché in 4 strutture pubbliche su 10 è davvero difficile ricorrere all’Ivg. Il governo invece sostiene che gli aborti sono in calo e infatti il nostro Paese ha un tasso di abortività  inferiore del 9-10% rispetto a Paesi come Gran Bretagna, Francia, Svezia eppure nessun approfondimento viene fatto per capire quanto incida l‘elevato numero di obiettori di coscienza.

12987027_1198205686870093_8832774413296327581_nNel frattempo oltre al danno c’è stata la beffa perché lo scorso mese di gennaio è stato varato un decreto legislativo che eleva da 5mila/10mila euro la sanzione per le donne che ricorrano all’aborto clandestino decuplicando una somma che nella vecchia norma era meramente simbolica e suscitando proteste sul web grazie al gruppo #ObiettiamoLaSanzione.

Spetta solo alle donne e a chi è interessato alla loro salute e libertà di scelta sfondare il muro di gomma delle rosee relazioni del Ministero della Salute su cui affondano e scompaiono le criticità di una legge duramente conquistata più di trent’anni ed oggi quasi annullata dall’obiezione di coscienza.

#ObiettiamoLaSanzione e l’indifferenza del governo ai richiami del Consiglio d’Europa sul rispetto della 194 #aborto.

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