Schiaffo del governatore del Veneto Luca Zaia e dell’ex leghista Flavio Tosi, sindaco di Verona, al Patriarca di Venezia Francesco Moraglia, presidente della Conferenza Episcopale Triveneta. Tre giorni dopo l’appello del prelato a fermare la legge anti-moschee del Veneto, il consiglio regionale ha tirato diritto e ha approvato a maggioranza la nuova norma che impone vincoli alla nascita di nuovi luoghi di culto, segnatamente di fede islamica. La parola moschea nel provvedimento non è citata, ma il riferimento è piuttosto ovvio, considerando anche la natura del dibattito che si è svilupppata lunedì fino a tarda sera a Palazzo Ferro Fini a Venezia.

Trenta i voti favorevoli, otto contrari e un astenuto. Sono così passate le modifiche alla legge regionale 11 del 2004, contenute nelle «Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio». Il leghista veronese Alessandro Montagnoli ha tenuto la relazione dell’unico progetto di legge su cui è confluito anche il progetto firmato da Maurizio Conte, già leghista e poi passato al partito di Flavio Tosi. Montagnoli ha parlato con circospezione, senza citare l’Islam e assicurando rispetto della libertà di culto. Ha spiegato che le norme tengono conto anche della parziale bocciatura da parte della Consulta di una legge lombarda sulla stessa materia.

L’intervento dell’assessore alla cultura della maggioranza di centrodestra, Elena Donazzan, ha invece svelato le vere ragioni della norma anti-moschee. “Abbiamo il dovere di governare questo tempo, che ci richiama a emergenze legate all’islam. Questo è un dibattito ideologico, giustamente ideologico, lo rivendico”. E per non essere fraintesa ha aggiunto: “Parigi e Bruxelles ci dimostrano cosa accade quando non si regolamentano i momenti di preghiera che sono, per i musulmani, anche momenti di aggregazione. Vogliamo aspettare che accada ciò che è accaduto in quelle città? Lo sapete che proprio da un centro di preghiera del piccolo Comune di Ponte nella Alpi, nel Bellunese, sono stati reclutati dei combattenti partiti per il jihad?”.

La nuova legge in qualche modo risparmia i centri di culto cattolici. Prevede, infatti, che le nuove strutture religiose o di preghiera possono sorgere solo in «aree F» (infrastrutture e impianti di interesse pubblico, nella maggior parte dei Comuni previste solo in periferia), a patto che dispongano di strade, parcheggi e opere di urbanizzazione adeguate. Ma serve una convenzione con il Comune interessato, comprensiva di “impegno fidejussorio”. La clausola che salva le chiese cattoliche non prevede l’applicazione della legge agli edifici esistenti, anche in caso di ampliamento fino al 30%, purché si tratti di immobili destinati al culto (compreso il sagrato delle chiese), abitazioni dei ministri del culto o del personale di servizio, strutture adibite ad attività educative, culturali, sociali e ricreative. Insomma, le scuole paritarie e gli oratori.

Interventi contrari del Pd e del Movimento Cinque Stelle. Hanno inutilmente ricordato le parole del patriarca Moraglia che aveva chiesto un rinvio e  aveva ammonito soprattutto i leghisti di farsi fotografare sotto il crocefisso, ma di non ascoltare le richieste della Chiesa. La maggioranza di centrodestra, con i voti dei tosiani non ha cambiato idea. E ha votato compatta.

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