Il Pd in Toscana spinge sull’acceleratore in modo da incentivare le fusioni tra Comuni al grido di “meno tasse e servizi migliori”. Tramite una risoluzione che sarà presentata in consiglio regionale domani, 5 aprile, i democratici propongono “nuovi criteri per l’approvazione dei risultati dei referendum consultivi” sulle ipotesi di fusione. Ma i piccoli paesi già sul piede di guerra: “No alle fusioni obbligatorie – attaccano Matteo Mastrini e Egidio Pedrini, sindaci dei Comuni massesi di Tresana e Zeri – Solo i cittadini possono decidere il futuro dei Comuni. Il contrario è un atto che trova precedenti solo nel ventennio fascista“. La risoluzione in verità non parla di fusioni obbligatorie: “Ma in realtà essa crea le condizioni per renderle tali” accusa Mastrini, Forza Italia. Malcontento che si estende anche in provincia di Siena: 14 sindaci (molti dei quali Pd) parlano di “un indirizzo lesivo delle volontà democratiche” e chiedono ai consiglieri regionali del territorio di non votarla. “Ci dobbiamo aspettare – chiede intanto provocatoriamente il M5s – l’annessione di Empoli, Sesto Fiorentino e Scandicci a Firenze per volere della segreteria renziana del Pd?”.

Referendum e ipotesi di fusione: “Nulla sarà imposto”
Il Pd chiede al presidente Enrico Rossi di potenziare ulteriormente gli “incentivi economici” e le “premialità nei bandi” in favore dei Comuni che vogliono fondersi. Proposti anche “nuovi criteri” per giudicare l’esito dei futuri referendum consultivi sulle ipotesi di fusioni. La risoluzione fissa infatti un “orientamento” preciso: il consiglio regionale è chiamato a approvare la fusione nel caso in cui si dichiarino favorevoli più dei due terzi dell’intera comunità coinvolta o, se tale soglia non fosse raggiunta, nel caso in cui all’interno di ciascun Comune fosse raggiunta la maggioranza. Nel primo caso il consiglio regionale verrebbe comunque chiamato “a tener conto” del voto contrario dei tre quarti dei votanti eventualmente registrato in uno o più Comuni.

Al centro della risoluzione anche la riforma del sistema delle autonomie locali (Upi, Uncem e Legautonomie verso l’inglobamento in Anci, di cui ilfatto.it ha già parlato) e della governance dei servizi pubblici locali (si punta a un unico Ato sia per il sistema di gestione del servizio idrico che per quello dei rifiuti). Tutto sarà comunque realizzato – assicura il Pd – “senza imporre alcunché dall’alto ma attraverso grandi percorsi di partecipazione tra i cittadini”.

14 sindaci senesi scrivono al Pd: “No a fusioni obbligatorie”
Quattordici sindaci della provincia senese hanno scritto ai consiglieri regionali Pd Stefano Scaramelli e Simone Bezzini, eletti in quei territori: “L’unico quorum che le renda volontarie è quello della maggioranza favorevole dei votanti in ogni singolo Comune. Non è accettabile che cittadini di un Comune decidano per quelli di un altro”. Anche per il sindaco di Volterra (in provincia di Pisa) Marco Buselli il via libera alla risoluzione “aprirebbe senza se e senza ma alle fusioni obbligatorie o comunque non democraticamente scelte dalle comunità”. Bezzini, tuttavia, ha già detto che voterà sì: “Niente imposizioni dall’alto, ma apriamo un confronto serio e approfondito” per studiare “diverse opzioni in campo: fusione, revisione dei confini o convenzioni”.

“No annessioni”. Nasce il comitato “Articolo 5”
Pedrini e Mastrini chiamano in causa la Costituzione e danno vita al comitato Articolo 5 a cui presto potrebbero iscriversi anche i sindaci dei comuni massesi di Villafranca Lunigiana, Casola e Pontremoli. L’articolo 5 della Carta infatti “riconosce e promuove le autonomie locali”. “Fusioni sì, ma solo quando i cittadini siano realmente d’accordo, altrimenti si tratta di annessioni” dichiara Pedrini che con la Regione ormai ha un conto in sospeso per molte questioni. La nascita del comitato, aggiunge Masrini, affonda le radici nella protesta contro la proposta di legge presentata lo scorso novembre da 20 parlamentari Pd che prevedeva la fusione obbligatoria per i Comuni con meno di 5mila abitanti e contro l’esito del referendum consultivo (1010 voti, 754 sì) che ha decretato la fusione tra i Comuni pistoiesi di Abetone e Cutigliano malgrado nel primo Comune la maggioranza dei votanti (198 su 311) fosse contraria all’operazione. In quest’ultimo caso, infatti, il consiglio regionale ha approvato la fusione: Pd a favore, M5S, Fi, Fdi, Lega e Si-Toscana contrari). La battaglia dei piccoli Comuni è solo all’inizio: il 30 aprile è in programma una manifestazione proprio ad Abetone in difesa delle autonomie locali.

Manifesto di 114 sindaci: “La Regione ci ascolti”
E ora 114 sindaci hanno chiesto un incontro urgente con il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani (Pd) per consegnare nelle sue mani e rimettere all’attenzione del Consiglio il manifesto approvato a Volterra un mese fa. Il sindaco Buselli incontrerà Giani il 12 aprile. “Ci auguriamo – spiega Marco Buselli – che il Consiglio regionale eviti di approvare risoluzioni affrettate in materia di fusioni, soprattutto senza attendere l’esito dell’incontro che il presidente del Consiglio Giani, che ringrazio sentitamente, ci ha concesso. Sdoganare il modello “Abetone” significherebbe contraddire gli stessi principi della Costituzione italiana”. Un documento contrario alle fusioni e a favore delle autonomie locali e del mantenimento dei piccoli Comuni sui territori sottoscritto – spiegano i sindaci – “per esprimere la netta contrarietà ai processi obbligatori di fusione che significherebbero la cancellazione di molte autonomie comunali e l’indebolimento del tessuto sociale in tante aree del paese, in particolare delle aree interne che coprono la grande maggioranza del territorio italiano”.

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