“Si può usare la tortura per far parlare i sospettati di terrorismo”. A sostenerlo sono quasi i due terzi dei cittadini Usa che, rispondendo a un sondaggio Reuters/Ipsos poll, hanno detto di essere a favore dell’uso della violenza come mezzo per ottenere informazioni dai sospettati per terrorismo. Circa il 25% della popolazione ritiene che la pratica sia spesso giustificata, mentre per il 38% è giustificata talvolta e soltanto il 15% è convinto che non dovrebbe essere usata del tutto. Secondo i dati, inoltre, i repubblicani sono più inclini ad accettare la tortura, l’82% contro il 53% dei democratici.

La ricerca presenta dati simili a Paesi come quelli africani o asiatici dove gli attacchi da parte di militanti sono comuni. Gli Usa sono stati colpiti a dicembre dal massacro di 14 persone a San Bernardino in California, mentre in seguito hanno assistito agli attentati all’estero, dagli attacchi di Bruxelles dove sono state uccise 32 persone a quelli di Parigi dove invece ne sono morte 130.

A sollevare l’argomento delle torture nei confronti dei presunti terroristi è stato soprattutto il candidato alla nomination repubblicana alla presidenziali, Donald Trump. Il miliardario ha infatti dichiarato che, se fosse eletto, cancellerebbe il divieto voluto dal presidente Barack Obama del waterboarding (annegamento simulato) durante gli interrogatori, tecnica considerata illegale dalla Convenzione di Ginevra. Molte organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno criticato la proposta di Trump, ma gli americani sembrano allinearsi con il magnate newyorkese. Il sondaggio, condotto online tra 22 e 28 marzo, ha chiesto se la tortura possa essere giustificata “nei confronti di sospetti terroristi per ottenere informazioni sul terrorismo”.

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