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In piazza della Borsa, a Bruxelles, c’è il triste spettacolo che abbiamo imparato a conoscere dopo gli attentati di Parigi: candele, fiori, fotografie, biglietti. Ma cosa succede davvero in una città colpita da un attentato? Me lo sono chiesto mentre prendevo un aereo per il Belgio, subito dopo la tragedia, in direzione contraria all’allerta terrorismo. Bruxelles non è Parigi, ed è un’ovvietà: i belgi non hanno la stessa epica dei francesi e questo è ancora più evidente nel lutto. La piazza della Borsa è circondata da furgoni con le parabole, presidiata da giornalisti e militari. Qualcuno sospira e passa, i turisti si scattano selfie. Ma i bruxellesi non si fermano, non sono in piazza. Gli attentati terroristici del 22 marzo sono stati solo una disgrazia annunciata. Le sirene della polizia e delle ambulanze diventano sempre più rare e lontane, adesso verso Schaerbeek poi ancora più in là. La vita è ripresa in fretta, a Bruxelles. Tre giorni dopo le bombe, la metro è di nuovo in funzione, almeno in parte. La domenica di Pasqua, il centro è di nuovo pieno di gente, come se niente fosse accaduto. La vita va avanti, ed è rassicurante. “Bruxelles ma belle” hanno scritto col gesso, e poi, più in grande: “la vie est belge”. La vita è belga.

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(da Il Fatto Quotidiano del 27 marzo 2016)

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