Dunque c’è cascata anche lady Pesc, Federica Mogherini. Il ministro degli Esteri (si fa per dire) dell’Unione europea ha pianto durante la conferenza stampa successiva agli attentati di Bruxelles, assurta allo status di capitale della medesima Unione Europea (si fa per dire). L’interessata ha spiegato, su Repubblica, le ragioni della sua reazione: “Tutti hanno provato un dolore enorme, ed è semplicemente umano che questo dolore si possa manifestare. Nei comunicati scriviamo che i nostri pensieri vanno alle vittime e ai parenti, a volte può succedere che questo si esprima in modo meno ufficiale”. Bene. Niente come le lacrime asciuga in fretta (frase attribuita a Cicerone) e niente come le lacrime suscita dibattito: la discussione non impegna, tutti possono dire la loro. Perfino i nostri politici.

Tra gli aspiranti alla poltrona di sindaco della Capitale le eurolacrime vanno che è una meraviglia. Se Atene piange, è noto, Sparta non ride. Giorgia Meloni: “Quando rappresenti l’Europa intera il segnale di debolezza che dai mettendoti a piangere è un segnale che pagheranno i cittadini” (come non viene specificato).

Ieri era il giorno del lutto e del cordoglio. Oggi è quello della polemica. Mi vergogno di essere rappresentata in…

Pubblicato da Giorgia Meloni su Mercoledì 23 marzo 2016

Guido Bertolaso: “Si dirà che sono maschilista. Trovo imbarazzante che il ministro degli Esteri dell’Ue si metta a piangere dopo un attentato del genere: il ministro dovrebbe far vedere che non ci facciamo intimidire”. Alfio Marchini: “È sciacallaggio elettorale. Il fatto che una donna possa avere una maggior sensibilità rispetto alle atrocità di questi giorni le fa onore. Si può criticare la Mogherini per le sue azioni politiche, non certo per un eccesso di sensibilità”. Anche i ricchi piangono, no? Da destra arriva in soccorso Francesco Storace: “Non comprendo la polemica sulle lacrime della Mogherini. È umanità, è successo anche a Obama”. Signora mia, perfino a Barack gli scappa!

Ma mica solo a lui o a Putin o a Kohl. Il Corriere della Sera ha messo in fila le lacrime di alcuni leader politici. Ripassino: nel 2003 Silvio Berlusconi pianse davanti alle salme degli italiani uccisi nell’attentato kamikaze a Nassiriya; nel 2007 pianse Piero Fassino per lo scioglimento dei Democratici di sinistra e la confluenza nel Pd; Achille Occhetto pianse nel 1991 a conclusione del XX e ultimo congresso del Partito comunista italiano (e non sapeva ancora che fine avrebbe fatto fare Renzi al Pd). Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pianse al suo discorso d’insediamento nel 2006: durante il secondo insediamento no (era troppo occupato a sculacciare i parlamentari che lo avevano richiamato alle armi, come scolaretti indisciplinati). Pianse anche nel 2014 durante il collegamento con la stazione spaziale dove si trovava il capitano Cristoforetti, per gli amici Astrosamantha. Diciamo con pudore che pianse anche un altro presidente della Repubblica: Sandro Pertini davanti alla bara di Guido Rossa, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1979.

Il più recente caso di lacrime ministeriali riguarda Elsa Fornero, in un’indimenticabile conferenza stampa nel dicembre 2011. Mentre tutta Italia giubilava per la Liberazione (dopo l’addio di Silvio Berlusconi), i tecnici del governo Monti si preparavano alla manovrina Salva Italia che sobriamente e austeramente ci sarebbe costata lacrime e sangue. Durante la presentazione, la ministra per il Welfare si commosse a tal punto da non riuscire a pronunciare quella terribile parola: “Sacrifici”. L’aiutò il premier: “Credo volesse dire sacrifici”. Ma andava bene anche sacrificati o sacrificali (per gli esodati dimenticati).

Risus abundat in ore stultorum, dicevano i latini (ma solo perché non avevano visto i nostri politici con gli occhi umidi). E a noi? Non ci resta che piangere, ma davvero.

Il Fatto Quotidiano, 27 marzo 2016

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