“Il governo affossa le rinnovabili e migliaia di posti di lavoro” e Matteo Renzi rottama le sue stesse idee, quelle illustrate con tanto entusiasmo all’epoca delle primarie per la segreteria del Pd. I dati: nel 2012 sono entrati in esercizio quasi 150mila nuovi impianti fotovoltaici, mentre nel 2014 si è scesi 722”. Lo rivela il rapporto “Rinnovabili nel mirino” pubblicato da Greenpeace sui provvedimenti del governo Renzi che hanno sfavorito fotovoltaico ed eolico. Le conseguenze? “Una fuga di investimenti e nessun beneficio sulle bollette degli italiani”. E non va meglio sul fronte dell’occupazione: secondo uno studio redatto da Althesys per l’organizzazione in Italia entro il 2030 si potrebbero garantire oltre 100mila posti di lavoro nel settore (circa il triplo di quanto occupa oggi Fiat Auto nel Belpaese), eppure nel 2015 se ne sono persi circa 4mila nell’eolico.

Greenpeace punta il dito contro la strategia del governo: “Si vuole mettere in ginocchio il settore delle energie pulite e dell’efficienza energetica, per lasciare spazio ai combustibili fossili”. Per questa ragione, secondo l’ong  “il prossimo 17 aprile siamo chiamati a decidere ben più di quanto contenuto nel quesito referendario sulle trivellazioni offshore”. I dati fanno riflettere se confrontati con le intenzioni espresse Renzi, nel 2012, quando era candidato alle primarie per la segreteria del Pd. Nel suo programma elettorale, l’allora primo cittadino di Firenze dedicava un capitolo intero alla sostenibilità. Idee poi rottamate, evidentemente.

IL CROLLO DEGLI INVESTIMENTI – Metà della nuova potenza elettrica installata nel mondo nel 2015. Un anno da record. Per gli altri. In Italia negli ultimi anni c’è stato un calo degli impianti. Secondo i dati ufficiali del Gestore dei Servizi Elettrici, nel 2014, anno di insediamento del governo Renzi, sono entrati in esercizio appena 722 nuovi impianti. “Con l’aggravante – spiega Greenpeace – che parliamo di energia solare, una fonte di energia pulita su cui l’Italia dovrebbe puntare molto perché avrebbe le potenzialità per diventare un leader globale del settore”. Questi numeri negativi sono conseguenza, come evidenzia anche un’analisi di Bloomberg New Energy Finance, dei pochi investimenti nel settore. Nel 2014 in Italia sono crollati del 60 per cento rispetto al 2013, fermandosi a un ammontare complessivo di appena 2 miliardi di dollari. Eppure Renzi quando era candidato alle primarie parlava di “investimenti mirati anche di natura pubblica” da attuare  “in settori ancora in fase di sviluppo (come il solare a concentrazione in alternativa al fotovoltaico o l’eolico d’alta quota)”.

TRA LE CAUSE LO ‘SPALMA-INCENTIVI’ – Secondo lo studio di Bloomberg, a causare il crollo degli investimenti sono stati i tagli retroattivi e l’incertezza normativa sulle rinnovabili. Il 7 agosto 2014, ponendo la fiducia il governo Renzi ha convertito in legge il decreto 91 sulla Competitività. Tra i provvedimenti per abbassare il costo della bolletta elettrica degli italiani c’era lo ‘Spalma-incentivi’. “Con questa mossa – sottolinea Greenpeace – il premier ha messo in ginocchio migliaia di imprese del settore del fotovoltaico, esponendosi ad altrettanti ricorsi”. Il decreto prevede, infatti, che dal 1 gennaio 2015 tutti gli impianti di potenza superiore ai 200 kWp non avrebbero più goduto degli incentivi come previsto, ma avrebbero dovuto rimodulare la tariffa. “Il governo Renzi – spiega la ong – ha cambiato le regole del gioco a partita in corso e questo non è piaciuto affatto agli investitori”. La conseguenza? “Moltissimi ricorsi, tanto che di recente il Tar del Lazio ha sollevato davanti alla Corte Costituzionale la questione di legittimità del provvedimento”. Le prime udienze sono previste il 6 dicembre 2016 e, se verranno sollevati profili di incostituzionalità, la norma decadrà. In tal caso il Gestore dei Servizi Energetici si troverebbe a dover restituire a tutti i soggetti coinvolti la cifra trattenuta, nonché a risarcire i danni. “Il crollo degli investimenti – spiega Greenpeace – non è solo una questione di incentivi, ma soprattutto di credibilità del nostro Paese”.

I POSTI DI LAVORO – Naturalmente, se calano gli investimenti, calano anche i posti di lavoro. Nonostante l’Italia non abbia ancora un monitoraggio sull’occupazione nel settore energetico, lo studio “Le ricadute economiche delle energie rinnovabili in Italia” realizzato da Althesys per Greenpeace rivela che, con adeguati investimenti entro il 2030 il settore delle rinnovabili potrebbe garantire oltre 100mila posti di lavoro. Nel 2015, invece, si sono persi 4mila occupati solo nel settore eolico, mentre aumentano le aziende costrette a chiudere.

LA DIFESA DELLE FONTI FOSSILI – “E mentre si tagliano gli incentivi alle rinnovabili (persino per la sostituzione dei tetti in amianto), aumentano quelli alle fonti fossili”, dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. Il rapporto della ong cita il Fondo Monetario Internazionale, secondo cui nel 2014 l’Italia si è piazzata al nono posto in Europa per finanziamenti a combustibili fossili, con 13,2 miliardi di dollari, dato in crescita rispetto ai 12,8 miliardi del 2013. E se da un lato Paesi europei come la Germania confermano incentivi per le fonti rinnovabili per oltre 23 miliardi, altri come l’Italia penalizzano queste tecnologie, con incentivi che non superano gli 11 miliardi.

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