Zero lesioni muscolari, appena 4 infortuni. Non ci sono solo i 29 gol di Gonzalo Higuain tra i record stagionali del Napoli. Esistono altri numeri formidabili messi insieme dagli azzurri. E sono cifre propedeutiche alle vittorie. Nessun problema muscolare per i giocatori in rosa, un piccolo risentimento per Strinic ai tempi del ritiro estivo, un’infiammazione per Dries Mertens durante il ritiro con la Nazionale belga, due altri acciacchi di poco conto. Totale: 4 infortuni dopo 30 partite di campionato. La squadra che ne ha subiti di meno dopo il Napoli è l’Empoli, nove. Poi ci sono 8 squadre tra gli undici dell’Inter e i 19 dell’Udinese. Tra i 20 e i 30 tutte le altre. Ultima, la Juventus che è dovuta ricorrere all’infermeria 31 volte. Impossibile leggere i dati e non pensare a quanto possano pesare nel rush finale per lo scudetto alla luce della situazione diametralmente opposta per gli uomini di Sarri e di Allegri: finora, secondo i dati presentati dallo staff medico del Napoli durante un convegno all’Università Federico II, il primo ha avuto 0,31 indisponibili a partita contro i 2,21 dell’allenatore bianconero.

“Lo studio del dna per affinare il metodo” 
de nicolaNon ci sono misteri, pozioni magiche o santi protettori a salvaguardare la salute di Higuain e compagni. L’alleato del Napoli è la scienza, applicata con metodi sempre più all’avanguardia nelle ultime 8 stagioni, durante le quali nessuno ha mai fatto meglio. Quest’anno le cifre degli stop sono scese ulteriormente, sfiorando lo zero e permettendo a Sarri di schierare sempre la formazione-tipo. Perché il metodo di lavoro dello staff medico coordinato dal professor Alfonso De Nicola, fisiatra e medico dello sport, ha aggiunto un tassello innovativo grazie alla collaborazione con Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute per la ricerca sul cancro della Temple University di Philadelphia, assieme ai collaboratori Raffaele La Montagna e Luigi Alfano. La tessera incastrata nel puzzle è quella del dna. Per la prima volta, nell’estate 2014, ai giocatori venne prelevato un campione di saliva: “Studiamo come si comportano e cambiano i geni – spiega Giordano a ilfattoquotidiano.it – prima, dopo e durante lo sforzo fisico. E raccogliamo i dati sulle caratteristiche personali e familiari così da avere un quadro completo”. Una tecnologia applicata dal professor Giordano, originario di Napoli e tifoso degli azzurri, in ambito oncologico: “Dialogando con De Nicola ho cercato di capire perché la loro strategia avesse portato a una minore incidenza degli infortuni rispetto alle altre squadre e abbiamo quindi cercato di sviluppare dei test predittivi, per implementare la loro strategia di prevenzione – racconta Giordano – Diciamo che stiamo cercando di dare una spiegazione ai risultati del lavoro già svolto, ricercando parametri fisici e biologici che permettano di affinare il metodo”.

Parola d’ordine: prevenire. Ecco come 
Il “metodo Napoli” affonda le radici attorno a tre nomi. Oltre a De Nicola, un ruolo fondamentale è svolto da Enrico D’Andrea, fisiatra specializzato in terapie manuali, e al nutrizionista Raffaele Canonico. Con loro lavora un gruppo di specialisti in terapie posturali, mobilizzazioni articolari e recupero sul campo. Una vera e propria squadra, selezionata accuratamente nel tempo, che ha un obbiettivo: “Cerchiamo, quando possibile, di vedere le cose prima che si manifestino, prevenendo in maniera scientifica. Abbiamo impostato un lavoro meticoloso grazie alla fiducia accordataci da De Laurentiis e alla collaborazione con l’Università di Napoli”, spiega De Nicola.

Un metodo che quest’anno sta raggiungendo il suo massimo risultato perché il preparatore atletico portato sotto il Vesuvio da Maurizio Sarri condivide in pieno la filosofia dello staff medico e i giocatori sono sempre più convinti che il metodo funzioni. “Ci raccontano tutto, fino al più piccolo problemino apparentemente insignificante. Faccio un esempio: se qualcuno ha un fastidio al polpaccio, questo può portare a una lesione più importante alla coscia. Ed è lì che noi agiamo. Conosciamo gli atleti alla perfezione e al minimo sintomo scatta la prevenzione”. Incentrata prevalentemente sul metodo posturale, che richiede anche l’impegno degli stessi giocatori. Prima e dopo gli allenamenti tutti si affidano alle mani esperte dei medici, selezionati in dieci anni: “C’è una preparazione all’allenamento e uno scarico dopo il lavoro sul campo che impiega i ragazzi anche per tre ore. Quando arrivo a Castelvolturno, novanta minuti prima della sessione sull’erba, sono contento di trovare già dieci, quindici giocatori – continua De Nicola – Hanno capito che facendo una corretta preparazione si prevengono gli infortuni”.

Cibo, psicologici e studio dei dati 
C’è poi l’aspetto alimentare e il lavoro sulla testa. Da una parte, De Nicola crede che “il calciatore sia ormai un soggetto pensante, capace di comprendere l’importanza di gestire al meglio la propria azienda, rappresentata dal suo organismo”. Dall’altra c’è uno staff di psicologici accanto agli atleti perché alcuni ingigantiscono i problemi, a causa di tensioni interne, altri li minimizzano: “Si tratta di due comportamenti sbagliati. Il nostro compito è educarli a uno stile di vita corretto e ad affrontare i problemi extracalcistici. A fine stagione tiriamo una linea e vediamo dove siamo arrivati. Se facciamo un certo tipo di terapia, dopo quanto tempo si recupera? – conclude il capo dei medici del Napoli – Quanti infortuni abbiamo schivato? Tiriamo fuori i numeri e i numeri sono certezze”. Ora l’aggiunta della mappatura dei geni: “Un lavoro che stiamo per concludere e che ci permetterà di aggiungere un altro tassello: conoscere alla perfezione la macchina-atleta e, incrociando i dati con altre discipline potremo capire fino in fondo come un gesto tecnico alza il rischio di determinati problemi fisici”.

twitter: @andtundo

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