E’ un viaggio che inizia circa 600 anni fa, quando Bologna, la città delle Due Torri, divenne famosa in tutto il mondo per le proprie tecniche di lavorazione della seta. A percorrerlo, però, non sono gli storici, ma i ragazzi. Gli alunni delle scuole emiliano romagnole, elementari, medie e superiori, infatti, da qualche tempo, in classe, stanno riscoprendo usi e costumi di una tra le più significative tradizioni del capoluogo. “E’ un modo per ridare lustro a un’antica ricchezza del territorio – racconta Anna Ciccarone, professoressa alle scuole medie Gessi di Castello D’Argile – e al contempo, una bella attività che tiene i ragazzi lontani da computer, tablet e smartphone”.

In un’epoca in cui la tecnologia la si impara da piccoli, la storia, per molti insegnanti emiliani, diventa uno strumento per far scoprire ai ragazzi la manualità, oltre che rispolverare un prezioso passato. “La storia della seta bolognese è bellissima – spiega Elena Giorgi, docente delle medie Giovanni Pascoli di Cento, in provincia di Ferrara – tuttavia, a differenza di altri aspetti legati alla nostra tradizione, è meno conosciuta. Se ho una domanda sulla canapa è possibile che mia nonna ne conosca la storia, ma la seta è stata un po’ dimenticata. Per questo oggi la riscopriamo con i ragazzi”.

La prof: “Se ho una domanda sulla canapa è possibile che mia nonna ne conosca la storia, ma la seta è stata un po’ dimenticata. Per questo oggi la riscopriamo con i ragazzi”

Non solo attraverso i libri di scuola. Riportare alla luce la storia della seta, infatti, è un cammino che può essere intrapreso partendo da diversi punti di vista. Centro delle attività didattiche è il Museo del Patrimonio industriale, che ogni anno racconta l’antica tradizione a circa 5mila alunni provenienti da Bologna o da altre città emiliano romagnole. Le sale, tra modelli funzionanti, postazioni interattive e filmati, non solo narrano di quello spaccato di vita quotidiana che fu il capoluogo di regione per oltre 3 secoli, ma ospitano anche la ricostruzione di un mulino da seta in scala 1 a 2, fornito di quel sistema di alimentazione ad acqua che rivoluzionò, a livello internazionale, la produzione del prezioso tessuto.

Al di fuori delle stanze del museo, poi, c’è chi il baco preferisce osservarlo di persona. Come le scuole Longhena di Bologna, che un baco l’hanno adottato e portato in classe, per poterne osservare l’intero ciclo di vita. “E’ stata un’esperienza bellissima – raccontano i bimbi nella relazione pubblicata sul sito della scuola – abbiamo ricevuto le uova di baco dall’allevamento di Padova, le abbiamo tenute al caldo e dopo un mese sono nati tanti piccoli bachi. Abbiamo raccolto le foglie di gelso, il baco ne mangia tante, e li abbiamo guardati crescere velocemente, fino a quando, costruito il loro bozzolo con il filo di seta, si sono trasformati in farfalle”.

I bimbi: “Abbiamo ricevuto le uova di baco, le abbiamo tenute al caldo. E dopo sono nati. E’ stata un’esperienza bellissima”

Cambiando ancora prospettiva, gli studenti delle scuole Gessi, per riscoprire la seta, sono partiti direttamente dalla morfologia di Bologna, seguendo i canali cittadini, in primis il Navile, la posizione delle antiche chiuse, fino ad arrivare all’Approdo del mulino, nel giardino Marinai d’Italia, dove gli arredi sono disposti in modo da raccontare il ciclo di vita del baco da seta, dalla schiusa delle uova fino alla trasformazione in farfalla. “Vedeste quanto piace ai ragazzi passeggiare a piedi per la città, e scoprire che sotto Bologna scorre ancora il canale su cui viaggiava la seta – sorride Ciccarone – è bellissimo trovarli così interessati. Quando poi torniamo a scuola ciascuno di loro presenta una relazione e vengono fuori lavori davvero ben fatti”.

Altro punto di vista particolare sulla storia della seta, poi, lo offre anche l’Archivio di Stato della Dotta, che proprio per permettere ai ragazzi di conoscere l’antica ricchezza bolognese ha aperto le proprie sale, e i documenti originali del mercante Domenico Maria Bettini, che visse nel XVIII secolo. “I ragazzi imparano a leggere i libri mastri, osservano le note sugli impiegati del mercante, sfogliano la corrispondenza fra il Bettini e i suoi agenti in tutta Europa. E’ possibile persino ammirare i campioni di veli che erano contenuti nelle lettere di ordinazione”, cioè esemplari dei tessuti alla moda più apprezzati dalle donne europee del Settecento.

 

“La storia della seta è parte del nostro patrimonio, e va tramandata – racconta Caterina Virelli, docente delle scuole medie di Bologna – non è solo utile per insegnare ai ragazzi a dedurre e ragionare, ma permettere loro di capire, tramite il passato, il nostro presente”. “Riscoprire le antiche tradizioni, come la bachicoltura e la lavorazione di questo tessuto, per me è un aspetto chiave della formazione scolastica – sottolinea anche Giorgi – siamo il frutto di ciò che è stato, ed è necessario trasmetterlo alle nuove generazioni. Per questo, come insegnante, faccio studiare la seta ai ragazzi”.

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