Una giornata in memoria delle vittime delle mafie. Potrebbe valere sia per quelle uccise per il loro impegno o per essere capitate nel posto sbagliato al momento sbagliato, sia per quelle appartenenti alla criminalità organizzata. È l’ambiguità a cui è giunto il Senato ieri approvando un emendamento del leghista Roberto Calderoli alla legge che ha istituito per il 21 marzo la “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. Quell’ambiguità, però, può provocare malumori tra i familiari delle vittime innocenti e soprattutto può allungare l’iter di approvazione della legge, ieri accolta positivamente dal presidente del Senato Pietro Grasso e dal fondatore di Libera, don Luigi Ciotti.

È proprio l’utilizzo del termine “innocente” l’elemento contestato da Calderoli nella dicitura che era stata scelta a metà degli anni Novanta dai familiari delle vittime di mafia convocate da Rita Borsellino e don Luigi Ciotti dopo la stagione delle stragi. In aula il senatore del Carroccio ha dichiarato che “lo status di vittima della mafia non può prescindere dall’esser estraneo a tale ambiente criminale”. Quindi, dopo aver spronato a imparare “a scrivere le leggi come si deve”, il promotore di emendamenti creati coi software per fare ostruzionismo ha criticato le pressioni di Libera per l’approvazione di alcune leggi: “Il nostro Senato potrà o no tornare ad avere una propria sovranità, perlomeno in termini di ortografia?”.

“Chi si pone questi dubbi, forse non ha capito lo spirito della norma che stiamo proponendo”, gli ha risposto Nerina Dirindin, firmataria del disegno di legge. Per la senatrice Pd il problema è “affermare che essere vittima innocente è diverso che essere vittima complice”. Calderoli ha replicato che nella legge del 2007 sul fondo a favore delle vittime della criminalità organizzata non si usa l’aggettivo “innocente” e che “le vittime della mafia non possono che essere vittime innocenti. Se uno è vittima della mafia e lavora per la mafia è un criminale, non è una vittima”. Al termine della discussione l’aula ha approvato l’emendamento di Calderoli, che ha raccolto i consensi anche di alcuni democratici che non hanno seguito la collega. Ora la proposta di legge dovrà andare alla Camera, dove qualcuno è pronto a dare battaglia per reintrodurre l’aggettivo mancante.

“Un’operazione del genere può essere stata fatta non per rigore lessicale, ma per allungare l’iter parlamentare di approvazione. C’è il rischio che la proposta possa essere fermata”, sostiene il deputato Davide Mattiello, ex dirigente di Libera eletto come indipendente nel Pd. Secondo Mattiello “togliere quella parola è uno schiaffo ai familiari delle vittime. Se io sono un parente di una vittima innocente della mafia non voglio che il mio familiare venga equiparato a un boss ucciso in una faida o per una vendetta. Tutti i morti meritano rispetto, ma la commemorazione pubblica è solo per le vittime innocenti”. Secondo la presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi la soppressione dell’aggettivo “non può creare interpretazioni confuse o ambigue sull’identità delle vittime. Lo dobbiamo ai loro familiari che in questi venti anni ci hanno insegnato il valore civile di una memoria condivisa e dell’impegno per la verità e la giustizia. Lo dobbiamo a quanti fanno il loro dovere ogni giorno nella lotta alla criminalità organizzata, in difesa della legalità e della democrazia”.

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