Nonostante la divisa che portano facevano politica in vista delle prossime elezioni comunali. Da qualche giorno a complicare la già difficile situazione del Movimento 5 stelle a Rimini, spaccato in due fazioni e da poche ore senza la certificazione di Beppe Grillo per la candidatura, ci si è messa pure la vicenda dei due poliziotti che facevano attività politica per una delle due parti. La storia è semplice: due uomini in servizio da molti anni nella questura cittadina, da tempo vicini al Movimento, sono finiti sotto procedimento disciplinare da parte dei loro superiori per avere fatto riunioni nella guardiola della prefettura, e soprattutto per avere lavorato per la costruzione di una lista elettorale per le prossime comunali. Il caos tra i pentastellati romagnoli è servito: gli strascichi e le polemiche sui social network sono feroci e il cammino verso il voto è compromesso.

Venerdì 10 marzo la notizia è stata pubblicata sui giornali locali: due poliziotti che oltre a fare attività politica attiva (cosa vietata dalla legge per i poliziotti, a meno che non si prendano un periodo di aspettativa dal servizio), avrebbero raccolto informazioni e dossier sul sindaco Andrea Gnassi (ora ricandidato col Partito democratico) e su Davide Grassi. Quest’ultimo è il candidato di una delle due ‘potenziali’ liste pentastellate che ha l’appoggio di una parte degli eletti a 5 stelle del territorio, consiglieri e parlamentari, come Giulia Sarti e l’eurodeputato Marco Affronte, ma ancora attende l’imprimatur da Beppe Grillo e da Gianroberto Casaleggio.

Stesso discorso per l’altra ‘fazione’ del Movimento. Anche questa è senza il ‘bollino’ e vede tra i suoi ispiratori, tra gli altri, Massimo Lugaresi (ex amministratore di lungo corso Pci-Pds-Ds), ma soprattutto Sonia Toni, ex moglie di Beppe Grillo. E proprio a questo gruppo, chiamato Onestà e partecipazione, facevano riferimento i due poliziotti in questione. Onestà e partecipazione a fine gennaio prova a convincere a candidarsi a sindaco Luciano Baglioni, vice capo della Squadra mobile di Rimini e conosciuto da tutti come il ‘poliziotto eroe’ che nel 1994 scoprì e fece arrestare la banda della Uno Bianca dei fratelli Savi. Baglioni però declina l’invito.

Ed è proprio nei giorni in cui si parla di Baglioni candidato che i due attivisti appartenenti alle forze dell’ordine si muovono. Il candidato sindaco Davide Grassi, sentito dagli investigatori della questura di Rimini a metà febbraio, spiega che in quei giorni di gennaio era stato avvicinato per strada da uno dei due. Il poliziotto avrebbe tentato di ricucire lo strappo, proponendo a Grassi di unire le forze con Baglioni capolista e candidato sindaco, e lui come vicesindaco. Baglioni, è bene precisarlo, era comunque estraneo a queste manovre politiche dei suoi colleghi. Dopo Grassi gli inquirenti sentono un altro attivista, Davide Ghinelli, che racconta di essere stato invitato a parlare di una possibile pacificazione tra le due liste nella guardiola della prefettura dove uno dei poliziotti prestava servizio.

Verbalizzate le due testimonianze, il questore di Rimini Maurizio Improta ha immediatamente aperto un procedimento disciplinare per i poliziotti e ne ha chiesto il trasferimento per incompatibilità ambientale. Contestualmente i due sono stati trasferiti in altri uffici sempre a Rimini (uno in precedenza lavorava alla Digos, l’altro, come detto, in prefettura). I due hanno già fatto ricorso e presentato la loro difesa a una commissione che dovrà decidere sul loro futuro. Il questore ha inviato i verbali delle deposizioni di Grassi anche alla procura della Repubblica, ma il procuratore capo Paolo Giovagnoli ha ritenuto che non ci sia alcuna rilevanza penale nella vicenda. Anche perché la notizia dei dossier comparsa sui giornali il 10 marzo era intanto risultata falsa: i due agenti non hanno raccolto informazioni né su Grassi (che ha assicurato di non averne mai parlato nelle sue deposizioni), né tantomeno sul sindaco Pd Gnassi.

Resta allora il mistero del perché sia uscita. Una voce autorevole della fazione di cui facevano parte i due poliziotti sostiene che tutta la denuncia ai due attivisti ‘in divisa’ sia stata creata ad arte per screditare loro e la lista che appoggiavano. Ma Grassi replica: “Sarei stato matto a far mettere a verbale delle cose false che non mi sono successe. E comunque non sono stato io a denunciare un presunto ‘dossieraggio’ nei miei confronti e nei confronti dell’attuale sindaco. Ho aggiunto informazioni, di cui sono stato testimone, a una segnalazione. Ho fatto il mio dovere di cittadino”.

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