C’era una volta la Grosse Koalition. Da ieri sera i due partiti di governo della Germania, la Cdu di Angela Merkel e la Spd del vice-cancelliere Sigmar Gabriel, hanno di che preoccuparsi. Nessuno dei due ha motivi per festeggiare l’esito delle elezioni in tre Länder che hanno letteralmente messo sottosopra lo scenario politico. Non c’è solo il loro tracollo, infatti, ma più in generale il rischio di una destabilizzazione di un sistema politico tradizionalmente avaro di novità come quello tedesco. Questo per effetto innanzitutto del successo della Alternative für Deutschland, formazione populista di destra nata appena tre anni fa e ora nuovo referente politico della protesta nel Paese. Segno che le inquietudini profonde della Germania, la paura per l’apertura delle frontiere e il ritorno di un certo nazionalismo non sono soltanto una patologia dei Länder più chiusi e arretrati nell’Est del Paese. Anche altrove, anche nel cuore pulsante della Bundesrepublik, gli umori malcelati degli elettori mettono a rischio la solidità dell’establishment.

L’AfD dell’ammaliante 40enne Frauke Petry sbalordisce tutti nel Sachsen-Anhalt con un bottino superiore al venti per cento (23,9) – la performance più brillante. Ma, a conferma di una tendenza non occasionale, l’AfD sfonda anche a ovest, smentendo l’immagine di partito di protesta con un’anima “orientale” (a est la questione migranti è più sentita). In ogni caso, i consensi sono a due cifre: 12,3 per cento nel Rheinland-Pfalz (cioè la Renania-Palatinato, la cui capitale è Magonza, che è al confine con LussemburgoBelgio) e 14,6 nel Baden-Württemberg (terzo Land per estensione e popolazione, capitale Stoccarda, sud-ovest della Germania).

Lo sconcerto per il successo di un partito che non fa mistero di appoggiare i sentimenti xenofobi si respira nelle reazioni dei media tedeschi. Uno per tutti, il titolo della Frankfurter Rundschau: “La Repubblica svolta a destra“. Non è un fulmine a ciel sereno, perché negli ultimi mesi il dibattito è stato su come contrastare l’ascesa nei consensi dell’AfD, un partito che ha sostenuto e sostiene, per esempio, il fenomeno di Pegida, movimento spontaneo di cittadini che scende in piazza ogni settimana per protestare contro i “troppi immigrati” e per restituire centralità ai tedeschi. Per la prima volta entra nei Landtage, i parlamenti dei Länder, una forza che rompe i tabù e aggira i limiti fino a oggi accettabili del linguaggio politico. Un partito che osteggia apertamente l’arrivo di nuovi immigrati e accusa la classe dirigente politica di aver tradito gli interessi della popolazione tedesca.

E l’Afd è creciuta finora nonostante sia stata esclusa dai canali ufficiali della comunicazione, giornali e televisioni. Ha costruito un proprio circuito di risonanza, approfittando di Facebook e della platea di movimenti e cittadini, esausti di quelle che, ai loro occhi, sono le menzogne di Angela Merkel, dei politici e della stampa asservita. L’esclusione dai programmi televisivi e dai luoghi pubblici della comunicazione aveva in passato assicurato la marginalità delle forze estremiste dalla vita politica nel Paese. Non ha però funzionato contro i populisti.

Per questo non può gioire la Cdu della cancelliera per il primo posto nel Sachsen-Anhalt e neppure la Spd per essere il partito in testa in Renania. La Cdu paga pegno anche nel Baden-Württemberg dove finisce addirittura alle spalle dei Grünen: i Verdi ottengono per la prima volta nella loro storia la testa della classifica con un 31 per cento. E anche dove il partito di Merkel si conferma al primo posto, nel già citato Sachsen-Anhalt, avrebbe bisogno dell’alleanza impossibile con la Afd. Quanto alla Spd, lo sconcertante 10 per cento sempre in Sassonia è molto di più di un tracollo: è una disfatta dura da metabolizzare.

Se test doveva essere per i partiti di governo, non poteva esserci verdetto più chiaro, insomma. Sotto accusa è soprattutto la politica di apertura delle frontiere che è stata difesa da Angela Merkel negli ultimi mesi e che rischia di polarizzare il Paese. La cancelliera, come sempre in queste occasioni, evita di drammatizzare. Ieri sera non si è fatta vedere nella centrale nazionale del suo partito, la Konrad Adenauer-Haus a Berlino. Tra i suoi sostenitori sgomento e silenzio. Mai come ora, nelle file del partito e fuori, la popolarità della Kanzlerin vacilla. Chi potrebbe approfittarne è il suo antagonista pubblico numero uno, Horst Seehofer, il leader oltranzista della Csu, partito bavarese “fratello” dei cristiano-democratici. A Monaco sono ormai in tanti a pensare che Seehofer abbia la ragione dalla propria nel contrastare la linea della Merkel e che i suoi avvertimenti in materia d’immigrazione colgano nel giusto. Al prossimo vertice di maggioranza potrebbe essere lui l’uomo forte.

Il successo dei Verdi nel Baden-Württemberg, infine, è più unico che raro nella loro storia. Per la prima volta ottengono un risultato che li proietta a primo partito, perlomeno nel parlamento di un Land: non era mai accaduto. Il loro successo è un altro segnale del cedimento della diarchia Cdu-Spd, offuscata dallo stallo politico del governo nazionale. L’exploit dei Verdi fa non a caso da contraltare al magro risultato dei socialdemocratici, loro alleati nell’uscente governo regionale del Land, bloccati al 12,8 per cento che rende una futura coalizione alquanto problematica.

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