Facilitare l’emersione della crisi di un’azienda in una fase precoce, quando la situazione non è ancora compromessa. Limitare il ricorso al concordato preventivo ai casi in cui l’obiettivo è la sopravvivenza delle attività e non la messa in liquidazione della società. Introdurre norme in materia fallimentare destinate ai gruppi di imprese. Sono queste le principali misure contenute nel disegno di legge di “Delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”, approvato dal consiglio dei ministri un mese fa ma reso disponibile nella sua versione definitiva solo in questi giorni, dopo le correzioni apportate negli uffici di Palazzo Chigi. Le nuove norme, quando diventeranno effettive, avranno l’obiettivo di limitare quelle reazioni a catena per cui un’impresa in difficoltà spesso si trascina dietro anche altri soggetti, come i fornitori. Tra gli obiettivi del governo c’è così l’accelerazione del recupero dei crediti, questa volta senza mettere a rischio il rispetto della par condicio creditorum (parità di trattamento tra i creditori) andando smaccatamente a favore dei creditori finanziari, come è successo nel caso del recente provvedimento di recepimento della cosiddetta direttiva mutui che ha previsto la possibilità per le banche di espropriare l’immobile dei creditori indietro con le rate senza passare dal tribunale.

Il disegno di legge si propone anche di cancellare dalle norme le parole “fallito” e “fallimento”, che andranno sostituite con espressioni equivalenti come “liquidazione giudiziale”, in modo da “evitare l’aura di negatività e di discredito – si legge nella relazione allegata al testo – non necessariamente giustificati dal mero fatto che un’attività d’impresa, cui sempre inerisce un corrispondente rischio, abbia avuto un esito sfortunato”. Al di là delle operazioni di cosmesi lessicale, il provvedimento ha l’ambizione di riformare la vecchia legge fallimentare, che risale a un regio decreto del 1942 e che negli ultimi anni ha già subito diverse modifiche, come quelle dello scorso agosto già contenenti norme per facilitare il recupero dei crediti. Prima che la riforma diventi effettiva ci vorranno comunque diversi mesi, visto che dopo l’approvazione del disegno di legge da parte del Parlamento il governo avrà un anno per emanare i relativi decreti legislativi. Di seguito quelle che saranno le principali novità.

Procedura di allerta e composizione assistita della crisi – L’intento è di favorire l’emersione anticipata della situazione di difficoltà di un’azienda e spingerla ad attivarsi in tempo per evitare lo stato di insolvenza. I revisori contabili, per esempio, dovranno avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di indizi di crisi, in modo che vengano prontamente avviate trattative con i creditori. Nella procedura, di natura confidenziale e non giudiziale, verranno coinvolti gli organismi di composizione oggi previsti dalla legge sul sovraindebitamento del consumatore. Saranno questi ad avvisare l’autorità giudiziaria qualora l’imprenditore non metta in atto le misure richieste. “È una vecchia ambizione del diritto fallimentare quella di prevenire le crisi aziendali, anziché gestirle quando si sono già trasformate in un cancro”, commenta Alessandro Solidoro, presidente dell’ordine dei commercialisti di Milano, il quale sottolinea che queste misure hanno bisogno di un presupposto per essere efficaci: “Banche, fornitori e clienti non devono cambiare il loro comportamento verso il debitore nel momento in cui emergono gli indizi di crisi”.

Limitazione della procedura di concordato preventivo – L’istituto del concordato preventivo verrà limitato all’ipotesi del concordato in continuità, ovvero ai casi in cui la società in crisi presenta un piano di rientro dei debiti, anche parziale, che prevede il superamento delle difficoltà e la prosecuzione dell’attività aziendale. Non sarà più ammissibile il concordato finalizzato alla liquidazione dell’impresa, a meno che non ci sia un’iniezione di denaro liquido che aumenti la soddisfazione dei creditori. Non saranno cioè più consentite procedure che “spesso non erano altro che procedure fallimentari, ma con costi maggiori e con opportunità peggiori di soddisfacimento dei creditori”, sintetizza Solidoro.

Misure per i gruppi di imprese – Verranno introdotte misure volte a consentire lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione della crisi e dell’insolvenza delle imprese appartenenti a uno stesso gruppo, individuando per esempio un unico tribunale competente e un assetto unitario degli organi della procedura. Un unico ricorso potrebbe così essere sufficiente per ottenere sia l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti dell’intero gruppo, sia l’ammissione di tutte le imprese alla procedura di concordato preventivo.

Giudice specializzato, esdebitazione e accesso al credito – Per una migliore gestione delle procedure concorsuali si punterà su giudici più specializzati. L’intento è di concentrare presso i tribunali delle imprese le procedure di maggiori dimensioni e di destinare la trattazione delle altre a un numero ridotto di tribunali. Tra le altre misure contenute nel disegno di legge, c’è poi la previsione di rendere più veloce l’esdebitazione (la liberazione dai debiti a procedura conclusa) dell’imprenditore persona fisica, in modo che la liberazione dai debiti nei confronti dei creditori non soddisfatti gli dia la possibilità di un nuovo avvio. Al beneficio dell’esdebitazione saranno ammesse, sotto certe condizioni, anche le società. Per facilitare l’accesso al credito, inoltre, si introdurranno forme di garanzia oggi non permesse, come quelle “non possessorie”, che non impongono cioè la perdita di possesso del bene dato in garanzia in modo da poterlo continuare a impiegare nel processo produttivo. L’impresa potrà inoltre concedere in garanzia beni non attuali e determinati ma determinabili e futuri, come il contenuto del magazzino o il risultato di una ricerca.

Twitter @gigi_gno

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