Oggi vi racconto la storia di Carlo Iannuzzi. Carlo è un ragazzo calabrese di nemmeno trent’anni, che l’anno scorso lascia un posto di lavoro a tempo indeterminato in Italia e prende un aereo per seguire il sogno del Sudamerica. Il nostro Carlo è un ingegnere, e anche in gamba, tanto è vero che trova lavoro come analista a Buenos Aires e si inserisce perfettamente nella città. Non frequenta i quartieri turistici: va a vivere ad Almagro, il barrio considerato la roccaforte del tango, ed ovviamente comincia a studiarlo anche lui per calarsi al meglio nello spirito del luogo.

Tutto sembra andare per il meglio, e la storia potrebbe finire qui, se non fosse che a Carlo succede qualcosa che potrebbe succedere a chiunque di noi in qualunque città del mondo: subisce un’aggressione a scopo di rapina. Ma l’aggressione finisce male. Molto male: nella notte tra il 26 e il 27 novembre 2015 un passante lo trova riverso a terra con una gravissima ferita alla testa, e viene trasportato in ospedale, dove gli viene rimossa d’urgenza una parte di cranio per rimuovere l’ematoma che comprimeva il cervello. La polizia argentina apre un’indagine per tentato omicidio.

La situazione clinica è preoccupante, le spese per i trattamenti esorbitanti: Carlo ha cominciato da poco a lavorare e la sua assicurazione sanitaria non è ancora attiva. Ma questa è una storia a lieto fine: il comitato di solidarietà fondato da amici e parenti riesce ad innescare un circolo virtuoso impressionante, con cittadini, associazioni e realtà varie che si mobilitano in tante città italiane e anche in Argentina. Si organizzano numerose iniziative benefit, si riescono a coprire le prime spese. La testa dura del calabrese fa il resto: a febbraio riesce a tornare in Italia per continuare un percorso di riabilitazione che sarà lungo e complicato. Le spese continuano ad essere altissime, la mobilitazione non si ferma. Il comitato ottiene dalla Regione Calabria l’erogazione di un sussidio parziale. Mentre scrivo, c’è motivo di essere ottimisti: la solidarietà sta salvando il giovane ingegnere.

Il caso di Carlo ha però sollevato un problema di ordine più generale: la carenza di aiuti, nell’ordinamento giuridico italiano, per alcune categorie di cittadini che sono vittime di reati contro la persona all’estero. E si parla delle categorie più precarie come i disoccupati – ma anche, per esempio, gli studenti senza borsa di studio – che si muovono verso alcuni Paesi fuori dall’Europa, per i quali non è prevista alcuna forma di tutela.

Il comitato “El Puente per Carlo” quindi va oltre: avanza la richiesta di integrare l’ordinamento con un fondo di solidarietà finalizzato alla tutela dei cittadini vittime di crimini violenti anche compiuti all’estero, la cui vita o salute siano seriamente messe a rischio e per i quali non sia possibile ottenere un risarcimento attraverso le norme vigenti né (ovviamente…) dall’aggressore. La petizione, lanciata su Change.org, ha già quasi mille sostenitori. Carlo, lentamente ma costantemente, si sta riprendendo. Spera anche lui che, dalla sua disavventura, possa nascere uno strumento di tutela per tutti.

Articolo Precedente

8 marzo, dal divieto di guidare alle spose bambine fino alla differenza di salario: i diritti delle donne negati nel mondo

next
Articolo Successivo

Stepchild adoption, nuovo sì del tribunale di Roma: adozione incrociata di 3 figli a 2 donne. “Sana relazione madre-bimbi”

next